Vertice Cop29: il nodo della finanza per il clima
Tra meno di 2 mesi, a Baku, in Azerbaijan, avrà inizio il vertice Cop29 sul clima: il programma degli incontri è infatti racchiuso tra l’11 e il 22 novembre, presieduti da Mukhtar Babayev, ministro dell’ecologia e delle risorse naturali fin dal 2018 (questo dopo una lunga carriera nella compagnia petrolifera Socar). Non ci sono dubbi su quella che sarà il tema centrale e più dibattuto della Cop di Baku, a partire da quando discusso in occasione della Cop28 di Dubai. Il nodo principale sarà infatti sicuramente quello della finanza per il clima: si parla dunque essenzialmente di soldi, quelli che i paesi più ricchi dovrebbero corrispondere ai paesi in via di sviluppo per poter affrontare i cambiamenti climatici. Come spiegheremo nel prossimo paragrafo, non è affatto detto che dal vertice della Cop29 esca effettivamente la soluzione a questa annosa discussione.
Il nodo della finanza per il clima al vertice Cop29
Parlare di finanza climatica in vista del vertice Cop29 significa fare riferimento a quello che dovrà essere il nuovo pacchetto di misure finanziarie che i paesi più ricchi dovranno corrispondere ai paesi caratterizzati da economie meno sviluppate, per stimolare i loro sistemi di mitigazione e di adattamento. Questo sapendo, peraltro, che in molti casi questi paesi figurano tra i più colpiti dal cambiamento climatico. Le nuove misure dovranno confluire all’interno del New Collective Quantified Goal (NCQG, Nuovo Obiettivo Collettivo Quantificato, ovvero il nuovo quadro della finanza climatica attivo a partire dal 2025). Peccato che tra i quasi 200 paesi che parteciperanno al vertice Cop29 non ci sia nemmeno l’ombra, per ora, di un vero accordo su questo tema.
Sappiamo che il quadro precedente, messo a punto nel 2009, prevedeva un esborso di 100 miliardi l’anno dai paesi ricchi a quelli meno sviluppati; il NCQG dovrà fare decisamente molto di più. Fin dalla Cop26 di Glasgow infatti si parla di cifre superiori ai 1.000 miliardi l’anno. Su questa cifra non c’è però nessun accordo, come non c’è un’opinione condivisa sulla platea dei contribuenti. Da una parte ci sono infatti i paesi avanzati, che chiedono di allargare la platea dei donatori anche ai Paesi che, negli ultimi 20 anni, hanno visto crescere di molto le proprie economie: caso emblematico e centrale è quello della Cina, che anche a Baku, in occasione della Cop29, figurerà tra i paesi in via di sviluppo, pur occupando il secondo posto tra le economie più forti del mondo. Una nuova richiesta da parte dei paesi più ricchi di allargare il gruppo dei contribuenti è stata rifiutata dai paesi in via di sviluppo, i quali nella stessa occasione hanno richiesto che la finanza climatica si fondi su delle sovvenzioni (e non su dei prestiti) e che nello stesso piano venga incluso anche lo strumento loss and damage.
La strategia di Baku
Su nessuno dei punti visti sopra, per adesso, c’è una condivisione di intenti da parte delle parti in gioco. Anzi, quel che si può constatare per ora è che le parti in gioco sembrano almeno parzialmente graniticamente ferme sulle proprie posizioni. Ecco che allora Mukhtar Babayev, il presidente designato della Cop29, sta cercando di mettere in campo una strategia capace di stimolare un accordo: come già fatto in passato in occasione delle altre Cop, si è scelto di affidarsi su una lunga serie di incontri laterali, così da portare avanti il discorso anche al di fuori dalle sessioni del programma principale. In questi incontri si potranno affrontare temi considerati particolarmente difficili o non ancora affrontati nelle precedenti Cop.
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