Veicoli senza guidatore: il futuro delle città driverless
Guidiamo macchine che possono raggiungere comodamente i 100, i 130, i 150 chilometri orari, eppure, a causa del perenne traffico delle nostre città, ci spostiamo alla stessa velocità con cui si spostavano nel diciannovesimo secolo le carrozze tirate dai cavalli. Non è forse assurdo pensare che in un solo anno (nel 2014, per l’esattezza) la popolazione degli Stati Uniti ha speso 29.5 miliardi di ore nello spostarsi dalla propria abitazione alla propria casa e viceversa? Come ha ricordato Wanis Kabbaj durante un suo seguitissimo Ted Talk qualche mese fa, nello stesso lasso di tempo gli antichi egizi sarebbero riusciti a costruire ben 26 piramidi di Gaza. In un solo anno! Ecco, è proprio con questa sbalorditiva comparazione che Kabbaj – vero e proprio geek del mondo dei trasporti – ha introdotto la sua interessante riflessione intorno ai veicoli driverless, ovvero ai veicoli senza guidatore.
L’apparato circolatorio come laboratorio di mobilità efficiente e sostenibile
Kabbaj è il direttore della strategia globale di UPS per la logistica applicata al settore sanitario: nello specifico, dunque, si occupa di trovare dei modi sempre più efficaci per trasportare in modo appropriato a livello mondiale medicinali e biotecnologie particolarmente sensibili. Lui ha un modo del tutto particolare di guardare al traffico cittadino, e proprio da questa particolare visione ha tratto l’importanza dei veicoli senza guidatore per la mobilità sostenibile del futuro. Ebbene, lui guarda al traffico cittadino come all’apparato circolatorio umano: ma laddove la nostra circolazione sanguigna non si ferma (praticamente) mai, le nostre città sono perennemente bloccate, incrocio dopo incrocio. «Ho capito» ha spiegato Kabbaj «che la biologia è stata nel settore dei trasporti per miliardi di anni, testando infinite soluzioni per spostare nutrienti, gas e proteine all’interno del nostro corpo: è il laboratorio di mobilità più sofisticato del mondo». Basti pensare che il nostro organismo contiene quasi 100 mila chilometri di vasi sanguigni tra arterie, vene e capillari, ovvero due volte e mezzo la circonferenza terrestre. Secondo Kabbaj all’interno del nostro corpo tutto funziona bene perché queste ‘strade’ sono distribuite ovunque, non solo vicino alla superficie. Nel trasporto urbano, invece, tranne qualche ponte e qualche tunnel, si può benissimo affermare che il sistema è di fatto bidimensionale. Da qui si possono dunque capire le potenzialità di progetti come l’Hyperloop, la Boring Company di Elon Musk o le macchine volanti progettate da Airbus. Ma cosa c’entrano in tutto questo i veicoli senza guidatore?
I globuli rossi come veicoli condivisi
Si stima che il 30% del traffico urbano è causato direttamente da degli automobilisti che cercano un parcheggio: se in un quartiere non esiste un posto vuoto, tre macchine su 10 stanno rallentando la circolazione del tutto inutilmente, ma come potrebbero saperlo? Oltre a questo, l‘85% delle automobili trasporta un solo passeggero. Perché sprechiamo tutto questo spazio? «La biologia» spiega KabbaJ «non farebbe mai nulla di simile, lo spazio all’interno delle nostre arterie è pienamente utilizzato». E infatti il 95% della capacità dei globuli rossi di trasportare ossigeno – in un organismo in piena salute – viene sfruttata. Se tutte le macchine che circolano nelle nostre città fossero pienamente utilizzate, ovvero piene di passeggeri, il problema del traffico verrebbe eliminato a monte. Ma nel nostro organismo tutto questo succede perché i globuli rossi non sono riservati a determinati organi: «no, sono condivisi».
Il trasporto del futuro: condiviso, modulare e driverless
Ed è proprio questa condivisione che permette all’apparato circolatorio di funzionare alla perfezione. Nel mondo del trasporto urbano, come ha ricordato Kabbaj, siamo costantemente divisi da chi vede una società futura automobile-centrica e chi invece costruirebbe il mondo del futuro intorno al trasporto pubblico. «Io penso che dovremmo trascendere tutto questo, penso che possiamo creare dei veicoli che combinino la convenienza dell’automobile con l’efficienza dei treni o dei bus». Pensiamo per esempio ad un treno che non si deve mai fermare, se non una volta giunto al nostro arrivo: questo significa avere un treno composto da tanti veicoli senza guidatore in grado di muoversi – una volta arrivati vicino alla destinazione – in piena autonomia. Questo è quello che Kabbaj chiama il sistema condiviso e modulare di veicoli senza guidatore del futuro – e di fatto trova un riscontro pratico nel progetto per i moduli Pod dell’Hyperloop One, di cui abbiamo parlato qui.
Una città fatta da veicoli senza guidatore
Ma come sarà la città del futuro in cui le strade saranno utilizzate solo ed unicamente da veicoli senza guidatore? Non ci saranno semafori: non serviranno. E non serviranno nemmeno delle corsie. Le driverless car saranno infatti interconnesse, e grazie a questo – e ai propri sensori – potranno predire ogni evento e comportarsi di conseguenza, all’interno di un sistema di veicoli perfettamente concertati: semafori rossi e linee continue, insomma, non servirebbero più a nulla. Il risultato, secondo Kabbaj, sarebbe «uno strano mix tra il veloce e liscio rigore di un’autostrada tedesca e la vitalità creativa di un incrocio di Mumbai». E ora noi abbiamo «i sogni, i concetti e le tecnologie per creare un network di trasporto tridimensionale, per inventare nuovi veicoli e cambiare il flusso delle nostre città».
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