Transizione energetica, cosa ci insegna la Germania?
Se c’è un paese che ha investito parecchio negli ultimi anni nelle rinnovabili è sicuramente la Germania. Con la Energiewende, ovvero la strategia nazionale adottata nel 2000 per guidare la transizione energetica dai combustibili fossili alle fonti pulite, il paese tedesco è diventato un modello a livello mondiale. Sebbene negli ultimi mesi siano state apportate alcune modifiche al Piano che molto probabilmente arresteranno la crescita green, il modello della Germania andrebbe analizzato e, perché no, imitato.
Un po’ di storia
Le prime spinte a un cambiamento di prospettiva energetica si sono manifestate a partire dal 1973 quando l’embargo della OPEC (Organization of Arab Petroleum Exporting Countries) provocò un innalzamento dei prezzi dei combustibili e la prima grande crisi petrolifera a livello mondiale, a cui ne seguì una seconda a distanza di qualche anno, nel 1979. È da quel momento che la Germania ha iniziato a pensare di poter investire in un mercato alternativo, quello dell’energia verde. Un’ulteriore spinta si è verificata con il disastro nucleare di Chernobyl del 1986, che causò una pioggia radioattiva che colpì anche l’area tedesca e suscitò una crescente preoccupazione in merito alla sicurezza delle centrali nucleari. Queste paure si concretizzarono con maggiore forza nel 2011, in seguito all’altro grande disastro, quello di Fukushima Daiichi in Giappone. A distanza di pochi giorni dalla tragedia il governo tedesco annunciò la chiusura progressiva di tutte le centrali nucleari attive nel paese. Otto dei 17 impianti sono stati chiusi immediatamente e gli ultimi tre reattori saranno disattivati entro il 2022.
Le misure politiche green
Dalla fine degli anni ’70 la Germania ha messo a punto una serie di politiche ambientali progressiste che hanno fissato le basi per la sua transizione verso le energie rinnovabili: standard di efficienza del costruito e un programma di certificazione verde (fine degli anni ’70); finanziamenti per il retrofit energetico degli edifici, per l’installazione del solare e il primo programma di feed-in tariff, ovvero incentivi a tariffa fissa (fine degli anni ’90) e un’eco-tassa sull’elettricità da fonti combustibili (2000).
Renewable Energy Act
Ma probabilmente la spinta maggiore alle rinnovabili e all’efficienza energetica è arrivata con il Renewable Energy Act adottato nel 2000, che ha previsto un aggiornamento delle feed-in tariff che garantiscono la copertura totale del costo di un investimento riguardante le energie rinnovabili. Le società di servizi energetici sono chiamate ad acquistare per prime l’energia rinnovabile e le rate offerte sono garantite per 20 anni a partire dall’anno dell’installazione dell’impianto, al fine di proteggere gli investimenti e dare sicurezza agli investitori. I tassi poi scendono di anno in anno anche come conseguenza della crescita delle energie rinnovabili. I risultati sono stati eccellenti: si è passato da un 3% di rinnovabili nel 1990 al 27% nel 2014 e al 32% nel 2015.
Democratizzazione dell’energia
L’aspetto più importante di questa ‘rivoluzione energetica’ tedesca è il fatto di aver creato un meccanismo che ha portato una sorta di democratizzazione dell’energia. Il mercato energetico non è, come spesso accade in altri paesi, monopolizzato. I quattro fornitori di energia più grandi della Germania hanno in mano la quota più bassa di energia rinnovabile. La certezza del ritorno dell’investimento ha incentivato la nascita di una serie di ‘cooperative energetiche’ che hanno consentito a qualsiasi cittadino tedesco, anche non proprietario di un’abitazione, di beneficiare dalla transizione alle rinnovabili.
Bottrop, un esempio di città virtuosa
A contribuire alla transizione energetica sono state anche le esperienze locali. Il caso più felice è probabilmente quello della città di Bottrop, nella regione metropolitana Reno-Ruhr (Germania centro-occidentale), un centro minerario dal 1860. Con l’approvazione della legge per la chiusura delle centrali a carbone, la cittadina, a rischio default economico, ha scelto di invertire la rotta mettendo a punto un piano orientato al green. Ha cercato di fare delle rinnovabili il nuovo business ed è riuscita in pochi anni ad ottenere 316 mln di investimenti pubblici e privati con cui sono state create nuove attività imprenditoriali e iniziative. Il risultato è che dal 2010 Bottrop ha ridotto le emissioni di gas serra del 38% ed è una delle città tedesche che hanno il tasso di disoccupazione più basso della media nazionale.
Cosa ci insegna la Germania?
La nuova legge che regolerà le rinnovabili nei prossimi anni in Germania, la EEG 2016, approvata la scorsa estate sostituisce le tariffe fisse con aste competitive. L’obiettivo è far crescere le tecnologie pulite in modo più graduale e meno costoso ma nei primi anni sicuramente provocherà un arresto dei tassi di crescita delle rinnovabili registrati finora. E i pareri in merito alla giustezza del provvedimento sono contrastanti. Ad ogni modo, la ‘ricetta tedesca’ fatta di politiche di prezzo, democratizzazione dell’energia e coinvolgimento degli enti locali, rimane tutt’ora un modello interessante per tutti quei paesi che vogliono spingere l’acceleratore a favore di un sistema energetico più pulito.
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