Theresa May: aiuti dal Regno Unito per la lotta ai rifiuti plastici
A meno di un mese di distanza dalla COP23 a Bonn e dopo due anni esatti dalla storica Conferenza di Parigi, i decisori politici si sono riuniti nuovamente al One Planet Summit nella capitale francese per volere del Presidente Macron, con la collaborazione delle Nazioni Unite e della Banca Mondiale, per fare un punto della situazione sui fondi stanziati dalla comunità internazionale per centrare gli obiettivi proposti nell’Accordo di Parigi. Cinque i temi trattati: petrolio e gas, carbone, investimenti e compagnie che dovrebbero ridurre le emissioni, aiuti (crediti concessionali) destinati ai Paesi in via di sviluppo per affrontare la sfida climatica.
Theresa May e l’impegno del Regno Unito contro la plastica
Tra i capi di Stato intervenuti durante la conferenza, anche il Primo Ministro britannico Theresa May, la quale si è dichiarata “molto preoccupata” per l’impatto dei rifiuti plastici sui nostri oceani, sulla vita marina e sulla catena alimentare. Nel suo discorso ha affermato che l’impegno del governo nel combattere le buste e le particelle di microplastica e nanoplastica è stato soddisfacente, ma non sufficiente. Per questo motivo, dei 13 miliardi di sterline destinati agli aiuti all’estero, una parte verrà utilizzata per ridurre l’abbondanza di rifiuti plastici che inquina le acque. La dichiarazione di Theresa May segue il timore espresso da Michael Gove, segretario di Stato con delega all’ambiente, il quale, in una lettera ufficiale al segretario di Stato per lo sviluppo internazionale Penny Mordaunt, ha chiesto maggiore attenzione alla protezione degli oceani. Il sollecito è arrivato anche da Lewis Pugh, sponsor delle Nazioni Unite per gli Oceani e primo uomo al mondo a completare traversate a nuoto su lunga distanza in tutti gli oceani del nostro pianeta comprese le fredde acque dell’Oceano Antartico, che ha ribadito la sua posizione:
“La plastica ha un enorme effetto sulla pesca, sul turismo, sull’economia locale e sulla salute delle persone in posti come l’India e l’Africa. Questi sono i luoghi dove dovremmo concentrare i nostri sforzi. Dobbiamo impedire a monte che la plastica entri nei corsi d’acqua. La Gran Bretagna deve guidare il mondo su questo.”
Il Primo Ministro britannico ha voluto precisare che 140 milioni di sterline verranno impiegati per i Paesi più colpiti dal cambiamento climatico con deforestazione, disastri naturali e condizioni meteorologiche estreme. In seguito all’uragano, 15 milioni di sterline raggiungeranno l’isola caraibica di Dominica, mentre circa 8.5 miliardi di sterline saranno destinati al bilancio per gli aiuti fino al 2021 per lo sviluppo di progetti internazionali in Paesi a reddito più basso.
Uno nuovo studio dell’Università di Lipsia mostra la provenienza dei rifiuti plastici
L’Università Helmholtz-Centre for Environmental Research GmbH – UFZ di Lipsia è tornata sull’argomento plastica con una ricerca che evidenzia il percorso seguito dagli scarti plastici prima di raggiungere il mare.
“È ancora impossibile prevedere le conseguenze ecologiche di questo, ma una cosa è certa: questa situazione non può continuare”, ha affermato il dott. Christian Schmidt, idrogeologo dell’UFZ. “Ma dato che è impossibile ripulire gli oceani dai detriti di plastica già presenti, dobbiamo prendere precauzioni e ridurre l’input di plastica in modo rapido ed efficiente.”
Dallo studio emerge che la maggior parte dei detriti sono il risultato di un mancato smaltimento che finisce nei fiumi.
“In questo contesto, i fiumi più vasti giocano ovviamente un ruolo importante – non solo perché trasportano un volume relativamente grande di rifiuti grazie alla loro maggiore portata”, ha continuato Schmidt, “le concentrazioni di plastica, ovvero la quantità di plastica per metro cubo di acqua infatti sono significativamente più alte nei grandi fiumi rispetto a quelli piccoli. Di conseguenza, il carico di plastica aumenta in modo sproporzionato rispetto alle dimensioni del fiume.”
Il 90% dei rifiuti plastici arriva da dieci fiumi, lungo le cui rive vivono centinaia di milioni di persone. Due di questi attraversano il continente africano (Nilo e Niger) mentre gli altri otto si trovano in Asia (Fiume Azzurro, Fiume Giallo, Fiume Hai , Fiume delle Perle, Mekong, Amur, Gange and Indo).
Le critiche alla Conferenza One Planet Summit
Al One Planet Summit sono intervenuti molti capi di Stato per rinnovare la loro volontà a trovare strategie efficaci che possano smuovere la situazione di empasse per la quale, dopo ogni incontro, nessuna azione concreta viene realizzata. Proprio per questo il meeting è stato fortemente criticato dalle associazioni ambientaliste che hanno percepito questa mancanza di operatività. Il direttore europeo di Greenpeace Jorgo Riss ha duramente affermato che:
“Macron ha messo su un grande show, ma i leader politici non hanno niente da mostrare. L’Europa sta giocando ben al di sotto delle sue potenzialità e le parole vuote di Macron non cambiano la situazione. A Bruxelles, la Francia combatte per mantenere il potere della sua industria nucleare invece di impegnarsi seriamente a realizzare una transizione energetica, mentre Spagna e Polonia cercano fondi per le centrali a carbone”. Il direttore ha concluso dicendo che “i governi devono rimboccarsi le maniche se vogliono che l’Europa riguadagni parte della sua credibilità nella lotta ai cambiamenti climatici. Per esempio, potrebbero rendere più efficaci gli obiettivi sull’agenda per il 2030 in materia di riduzione delle emissioni di energia e diffusione di rinnovabili”.
Ti è piaciuto l'articolo?
Condividilo