Terre rare in Italia: al via l’estrazione da metà aprile
La notizia è di quelle che non si sa bene come accogliere: si tratta di una buona novella, che però può nascondere qualche ombra che non può essere trascurata. Alcuni giorni fa il ministro delle Imprese e del Made in Italy, Adolfo Urso, ha annunciato che a metà aprile arriverà un decreto relativo alle concessioni minerarie, per avviare di fatto l’estrazione delle terre rare in Italia. E certo, è una buona notizia, poiché per portare avanti la transizione energetica sono come noto necessari minerali e terre rare, indispensabili per costruire batterie, sistemi di accumulo, pannelli fotovoltaici e via dicendo. Ma fa anche riflettere, nella consapevolezza che l’estrazione delle terre rare può avere grandi impatti ambientali. Detto questo, è bene analizzare qual è lo scenario delle terre rare in Italia, per capire come si potrebbe sviluppare l’estrazione mineraria nei prossimi anni.
Al via una catena di approvvigionamento italiana
Sul fatto che sarebbe arrivato il momento di estrarre le terre rare in Italia, non c’erano tanti dubbi. Secondo la Banca Mondiale, da qui alla metà del secolo la domanda di materie prime per produrre batterie per veicoli elettrici, computer e smartphone crescerà di circa il 500%. Attualmente l’Europa è fortemente dipendente da Paesi extracomunitari per questo tipo di materiali, a partire dalla Cina. Da qui la strategia messa in campo dall’Unione Europea per spezzare questa dipendenza: si punta ad estrarre nel territorio comunitario entro la fine del decennio almeno il 10% dei minerali critici utilizzati dall’industria UE; parallelamente, si punta a ricavarne un 15% dal riciclo, e di raffinarne in loco almeno il 40%. La decisione di dare il via all’estrazione delle terre rare in Italia è quindi coerente con questa strategia.
Le terre rare in Italia
Il ministro delle Imprese e del Made in Italy, Adolfo Urso, ha spiegato che sul territorio nazionale italiano sono presenti 16 delle 34 materie prime considerate critiche per la transizione energetica (vale la pena ricordare che secondo la Commissione europea sono dichiarate materie prime critiche antimonio, arsenico, bauxite, barite, berillio, bismuto, boro, cobalto, carboni da coke, rame, feldspato, fluorite, gallio, germanio, afnio, elio, elementi delle terre rare pesanti, elementi delle terre rare leggere, litio, magnesio, manganese, grafite naturale, nichel – grado batteria, niobio, fosforite, fosforo, metalli del gruppo del platino, scandio, silicio metallico, stronzio, tantalo, titanio metallico, tungsteno, vanadio). In generale, l’Italia vanta giacimenti interessanti di queste materie lungo l’arco alpino, nonché in Sardegna, nel Lazio, in Toscana, in Liguria e in Abruzzo. È noto per esempio che in Trentino sono presenti barite, manganese, magnesio, cobalto e rame, mentre in Veneto sono presenti magnesio e rame. In Toscana si parla invece di magnesio, manganese, rame e antimonio, mentre in Lazio ci sono barie, cobalto e manganese.
Al via l’estrazione delle terrere da metà aprile
Ma da dove si partirà con l’estrazione delle terre rare in Italia? Sempre durante il question time alla Camera dei deputati, il ministro delle Imprese e del Made in Italy ha citato la Sardegna. L’isola annovera infatti terre rare quali Lantanio, Cerio, Praseodimio, Samario e Neodimio, le quali sarebbero state individuate tra gli scarti della miniera di granito di Buddusò, nella provincia di Sassari, nella parte settentrionale della Sardegna. Questo potrebbe essere il primo passo per ridurre la dipendenza dai Paesi extra-Ue, ha spiegato il ministro, il quale ha suggerito in particolar modo lo sfruttamento “dei rifiuti minerari accumulati nei decenni passati, che ammontano a 70 milioni di metri cubi”.
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