Stop agli investimenti nei combustibili fossili: Not a penny more
Per l’ennesima volta si chiede il decisivo stop agli investimenti nei combustibili fossili. Ma questa volta non sono degli attivisti in difesa dell’ambiente, non sono delle associazioni di parte, no, sono degli economisti. Ottanta esperti di economia provenienti da tutto il mondo (dei quali tre italiani) hanno infatti firmato la dichiarazione ‘Not a penny more‘ (non un penny in più) mettendo nero su bianco non solo la richiesta, ma anche i motivi dell’indispensabile stop agli investimenti nei combustibili fossili. E questa protesta non è certo arrivata in un giorno a caso, no: l’occasione è stata la celebrazione del secondo anniversario degli Accordi di Parigi, così come organizzata dal presidente francese Macron.
Il Climate finance day di Macron, a Parigi
Ma andiamo con ordine: il 13 dicembre il presidente francese Emmanuel Macron ha voluto riunire tutto i firmatari degli Accordi di Parigi nella Ville Lumiére. All’evento, denominato Climate finance day, hanno dunque partecipato capi di stato, ministri, industriali e vip di vario titolo. Ovviamente lo scopo principale è stato quello di far incontrare nuovamente tutti quanti per rinsaldare gli impegni presi nel 2015, i quali fino ad ora, ormai è evidente, sembrano del tutto insufficienti, come del resto ha sottolineato lo stesso Macron, spiegando che «per salvare il clima ogni attore della società deve impegnarsi ogni giorno» per poi ammettere che «stiamo perdendo la battaglia». Come già fatto in parte dai vertici cinesi, con l’uscita di scena degli Stati Uniti dalla lotta esplicita contro il cambiamento climatico, Macron ha deciso di puntare sulla questione ambientale per accreditarsi come leader sul piano internazionale. Non a caso, qualche mese fa, aveva ripreso più o meno sarcasticamente lo slogan elettorale di Trump ‘Make America great again’ trasformandolo in ‘Make our planet great again’. E di fatto quello che vuole occupare Macron è un posto che nessun altro gli sta contendendo: Theresa May è fin troppo occupata dalla Brexit, Angela Merkel è impegnata nella formazione di un nuovo governo per la Germania, mentre il governo italiano è già con i pensieri alla campagna elettorale. Macron vuole diventare dunque un nuovo paladino dell’ambiente, ma come ci ricorda la richiesta di stop agli investimenti nei combustibili fossili firmata dagli economisti, dei capi di stato, quando si parla di misure contro il cambiamento climatico, non ci si può mai fidare troppo.
Stop agli investimenti nei combustibili fossili
Proprio così: oltre ad intimare lo stop agli investimenti nei combustibili fossili con il loro documento ‘Not a penny more’ gli economisti hanno voluto sottolineare che
«il Presidente Macron e gli altri capi di stato mondiali parlano spesso della necessità di aumentare i finanziamenti per adottare soluzioni efficaci contro il cambiamento climatico, ma se ne restano zitti e in disparte quando si parla di finanziare nuove infrastrutture o di tagliare i finanziamenti per la produzione di energia basata su carbone, petrolio e gas naturale».
Eppure gli studi sul clima lo ripetono da tempo: se si vuole davvero provare a restare sotto l’aumento di 2 gradi centigradi delle temperature globali, è necessario tagliare subito le emissioni di gas serra, a partire da quelle provenienti dall’utilizzo di petrolio e carbone. E davanti a queste evidenze, non solo non si pone un definitivo stop agli investimenti nei combustibili fossili, ma si fa ancora peggio, dando il via a nuove pericolose esplorazioni, come quelle che l’Eni sta compiendo nell’Artico.
Il potere degli investitori
Ma se dunque – secondo gli economisti che hanno richiesto lo stop agli investimenti nei combustibili fossili – dei capi di stato non ci si può fidare, chi può essere il vero ago della bilancia? Nella dichiarazione ‘Not a penny more’ si legge che «la comunità degli investitori ha il potere di creare le condizioni per rendere possibile questo cambiamento». Va del resto sottolineato che il summit di Parigi arriva alla fine di un anno in cui le concentrazioni di gas serra hanno raggiunto livelli insostenibili, in cui le temperature hanno toccato spesso i massimi storici e in cui ci sono stati terribili disastri naturali come Harvey e Irma, per non parlare degli incendi californiani e portoghesi. Di fronte a questi avvenimenti, quindi, è naturale domandarsi quali passi siano stati effettivamente fatti a partire dagli Accordi di Parigi. E il fatto che i finanziamenti ai combustibili fossili continuino a crescere non può che essere oggetto di biasimo e di rabbia: tra il 2015 e il 2016, infatti, i finanziamenti da parte delle Banche Multilaterali di sviluppo destinati ai fossili sono più che raddoppiati, passando da 1,05 miliardi a 2,15 miliardi di dollari.
Il problema, del resto, è doppio. Non solo continuano ad essere destinati dei finanziamenti ai combustibili fossili, ma ogni dollaro o euro che viene destinato a quel tipo di impianti viene di fatto sottratto a degli ipotetici fondi per la creazione di un sistema economico sostenibile.
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