Sprechi alimentari: le tre mosse del WRI per combatterli
Di sprechi alimentari ne abbiamo scritto diverse volte qui su Green.it. I numeri che girano intorno a questo disastroso fenomeno rimangono ancora da capogiro. Più di un miliardo di tonnellate di cibo che viene prodotto non arriva neanche alle nostre tavole, in pratica viene sprecato un terzo della produzione alimentare mondiale. Uno spreco inaudito soprattutto se si pensa all’altra faccia della medaglia: sul globo una persona su nove è denutrita.
Una situazione insostenibile soprattutto in vista dell’ aumento di 2,3 miliardi di persone in più che si prevede entro il 2050. Secondo la FAO questo aumento della popolazione porterà alla necessità di incrementare del 70% la produzione alimentare attuale. Si dovrà produrre di più e sprecare di meno.
Il valore economico dello spreco alimentare
Ridurre lo spreco alimentare e i rifiuti che ne derivano è un imperativo ambientale ed etico ma anche economico. A livello globale, la FAO stima che lo spreco di cibo che avviene durante l’intera catena di approvvigionamento si aggira attorno ai 940 miliardi di dollari all’anno. Solo in Cina ad esempio il valore economico dello spreco alimentare è pari a 32 miliardi di dollari l’anno. In Africa, a sud del Sahara, dove molti contadini guadagnano meno di 2 dollari al giorno, gli scarti alimentari della post-produzione hanno un valore annuale di 4 miliardi di dollari. Il cibo che non viene mangiato nei ristoranti e che rimane invenduto nei supermercati costa in media 1.600 dollari per una famiglia americana composta da 4 persone e circa 1.060 dollari in media per una famiglia inglese con bambini. In Italia lo spreco alimentare – dal residuo in campo alla produzione e distribuzione allo spreco domestico – ci costa lo 0,5% del nostro Pil, oltre 8 miliardi di euro.
L’impatto ambientale degli sprechi
Il cibo sprecato ogni anno nel mondo è responsabile dell’immissione in atmosfera di circa 3,3 miliardi di tonnellate di CO2 equivalente, l’8% delle emissioni globali . Se lo spreco alimentare fosse un paese, sarebbe il terzo paese emettitore mondiale di gas serra dopo USA e China (FAO 2013).
Ma nel concreto cosa si può fare per contrastare lo spreco alimentare? In un articolo del World Resource Institute (WRI) Andrew Steer e Shenggen Fan elencano alcune azioni necessarie da perseguire per il raggiungimento dell’obiettivo.
1. Fissare obiettivi concreti
Un primo passo è quello di prefissare degli obiettivi precisi nella riduzione dei rifiuti dello spreco alimentare come sfida globale. Come gli obiettivi dal Champions of Target 12.3 o dal Sustainable Development Goal (SDG) che incoraggiano i governi e le aziende a impegnarsi concretamente a tagliare gli sprechi pro capite a livello di vendita al dettaglio e la riduzione delle perdite alimentari lungo la catena di approvvigionamento e lungo le filiere produttive entro il 2030. Gli Stati Uniti ad esempio, tramite in Dipartimento per l’Agricoltura e L’Agenzia per la protezione ambientale, hanno fissato il primo obiettivo nazionale contro lo spreco alimentare: riduzione del 50% entro il 2030. E associazioni di settore come il Consumer Goods Forum si sono già impegnate a ridurre gli sprechi delle industrie associate del 50% entro il 2025.
2. Misurare gli sprechi per riuscire a ridurli
Il motto è “ciò che riusciamo a misurare riusciamo a gestire”. La grande quantità di rifiuti e sprechi alimentari derivano anche dal fatto che la maggior parte dei paesi e delle aziende non quantificano quanto o dove il cibo venga perso o sprecato. Inoltre persiste ancora una mancanza di comprensione reale sulla definizione di “spreco alimentare” che rende difficile la sua quantificazione. Senza una comprensione comune e condivisa del problema, risulta più difficile affrontarlo in modo efficace. Tuttavia strumenti e tavoli tecnici per misurare gli sprechi si stanno sempre più diffondendo. Nel dicembre del 2015 l’International Food Policy Research Institute (IFPRI) e la FAO hanno lanciato congiuntamente una piattaforma tecnica, the Technical Platform on Food Loss and Waste, risultato del G20 dei ministri dell’Agricoltura in Turchia. La piattaforma è uno strumento che facilita a livello nazionale, regionale e locale la prevenzione, la riduzione e la quantificazione degli sprechi, fornendo dati e buone pratiche.
Il World Resource Institute, inoltre, ha lanciato nel 2016 un protocollo (The Food Loss & Waste Protocol’s Accounting and Reporting Standard) in collaborazione con numerosi partner, che fornisce definizioni, metodi concreti e coerenti a livello internazionale per quantificare i rifiuti e gli sprechi di cibo, e approcci per riportare e misurare i risultati.
3. Agire contro gli sprechi alimentari
Infine, bisogna agire. Una volta misurati e individuati i passaggi di produzione, distribuzione e consumo in cui avvengono gli sprechi più elevati si possono pianificare azioni strategiche e di contrasto. Fissando politiche precise, risorse finanziarie e scadenze l’azione diventa più tangibile. Naturalmente la tipologia di azioni da mettere in campo varia da nazione a nazione a seconda anche dello stadio di sviluppo.
Nei paesi in via di sviluppo, la maggior parte di sprechi alimentari si verifica durante la produzione e lo stoccaggio. In questi contesti sarà fondamentale investire in infrastrutture per migliorare la conservazione, la lavorazione e il trasporto degli alimenti. Nei paesi sviluppati così come in quelli in rapida crescita la maggior parte dei rifiuti alimentari si verifica a livello di vendita al dettaglio e da parte dei consumatori. In questi paesi bisogna facilitare le procedure di donazioni di cibo, migliorare l’ etichettatura degli alimenti in commercio, e puntare sull’educazione dei consumatori.
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