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Specie aliene: il Mediterraneo è il mare più invaso

Di certo il Mediterraneo non brilla per grandezza. Il Mare Nostrum costituisce infatti meno dell’1% dell’estensione complessiva delle acque marine presenti sul pianeta terra. Eppure questo “piccolo” bacino ospita il 7,5% delle specie animali mondiali, con una ricchezza specifica 10 volte superiore alle media. L’ISPRA è arrivato a dichiarare che nel Mar Mediterraneo viene segnalata la presenza di una nuova specie non indigena una volta ogni 9 giorni. Non stupisce quindi che un recente studio dell’Istituto per le risorse biologiche e biotecnologie marine (Cnr-Irbim) del Cnr di Ancona abbia definito – numeri alla mano – il Mediterraneo come il mare più invaso del pianeta.

Lo studio del CNR che definisce il Mediterraneo come il mare più invaso

Lo studio in questione è stato pubblicato pochi giorni fa sulla rivista Global Change Biology. In questa ricerca si mette in evidenza come il Mediterraneo, negli ultimi 130 anni, sia stato la meta d’arrivo di circa 200 nuove specie ittiche, con gli arrivi che sono diventati via via sempre più frequenti con l’inasprirsi dei cambiamenti climatici. Nessun’altra regione marina al mondo sta affrontando un’invasione di questa portata. Come spiega il coordinatore della ricerca Ernesto Azzurro del Cnr-Irbim «lo studio dimostra come il fenomeno abbia avuto un’importante accelerazione a partire dagli anni ‘90 e come le invasioni più recenti siano capaci delle più rapide e spettacolari espansioni geografiche». Partendo dalle segnalazioni, dalla georeferenziazione di migliaia di osservazioni e dagli studi precedenti, il team di studiosi ha ricostruito la storia dell’invasione del Mediterraneo, ricostruendo così i processi che lo hanno portato a essere il mare più invaso del mondo.

Due vie di accesso per le specie aliene nel Mediterraneo

Secondo gli studiosi, le vie d’accesso principali delle specie aliene nel Mediterraneo sono due. Da una parte, la colonizzazione avrebbe un ingresso situato all’altezza del canale di Suez inaugurato nel 1869. Da lì, secondo gli studiosi, sono entrate le specie non indigene più problematiche e più rappresentate. Il secondo vettore di ingresso sarebbe invece quello costituito dal trasporto navale nonché dal rilascio di acquari. L’ipotesi della provenienza atlantica, attraverso lo stretto di Gibilterra, sembrerebbe essere invece più marginale. Una cosa è certa: per via della morfologia particolare del Mediterraneo, e in virtù dei suoi collegamenti con i bacini vicini, l’invasione è stata maggiore rispetto a quella che si è conosciuta nel Mar Baltico, nel Mar Nero o nell’Oceano Atlantico. Non si può però accusare i collegamenti: la mano che ha forzato questa invasione è pur sempre quella – involontaria – dell’uomo, per mezzo dei cambiamenti climatici.

Gli effetti delle migrazioni ittiche verso la regione marina più invasa

Ma quali sono gli effetti di queste migrazioni? Quali sono le conseguenze della presenza di specie aliene nel Mediterraneo? Ebbene, non ci sono solo e unicamente svantaggi nell’avere a che fare con il mare più invaso del pianeta. Alcune specie aliene, per esempio, possono costituire nuove risorse per la pesca. Ma va detto che gli invasori possono provocare un serio deterioramento dell’habitat naturale delle specie indigene, e possono entrare in pericolose competizioni con le specie native, spesso più vulnerabili. Per capire quanto la situazione possa cambiare per via delle specie aliene, basti pensare alle sei specie ittiche velenose e tossiche che si sono insediate nel Mediterraneo orientale, come il pesce palla, il pesce scorpione e 4 specie di meduse. In alcuni casi sia l’ingerimento che il contatto possono risultare tossici. Di certo, vista la rapidità dell’invasione ittica, l’identità faunistica del Mediterraneo è già ampiamente mutata, diventando un esempio avanzato di globalizzazione biotica degli ambienti marini.