La sostenibilità delle isole minori: il rapporto 2024
Prima di affrontare il tema della sostenibilità delle isole minori è necessario forse precisare quando si può effettivamente parlare di un’isola minore. Giuridicamente parlando questo termine viene usato per indicare dei territori circondati completamente della e acque, che rimangono al di sopra del livello del mare anche con l’alta marea, che hanno una superficie minima di un chilometro quadrato, che distano dalla costa almeno 1 chilometro, che vantano una popolazione minima di 50 abitanti e che hanno un collegamento fisso con la terraferma. In Italia, stando ai dati dell’Agenzia per la coesione territoriale del governo, risiedono su isole minori circa 200 mila abitanti. Tutte – dall’Isola d’Elba alla Maddalena, da Favignana a Ponza – fanno parte di arcipelaghi, eccezion fatta per le Tremiti, per l’Asinara, per Ustica e per Pantelleria. In tutto si parla di 35 Comuni, anche se va detto che non c’è coincidenza esatta tra isole e amministrazioni comunali. Ma qual è il livello di sostenibilità delle isole minori italiane?
Le caratteristiche delle isole minori italiane
A stimare il livello di sostenibilità delle isole minori italiane è il rapporto Isole sostenibili 2024 dell’Osservatorio sulle isole minori di Legambiente e del Consiglio Nazionale delle Ricerche (CNR-IIA). Qui viene precisato che le piccole isole italiane rispecchiano le caratteristiche delle isole minori a livello mondiale: si parla di territori con una popolazione ridotta, con una diversità economica limitata, che presentano flussi turistici sbilanciati durante i mesi estivi, che sono piuttosto “isolate” a causa della loro lontananza e che devono affrontare sfide importanti a livello di commercio e di accesso ai servizi fondamentali. Ma non è tutto qui: proprio le isole minori sono in prima linea nella lotta ai cambiamenti climatici, essendo territori che più degli altri ne subiscono gli effetti negativi. Va però aggiunto che questi territori vantano spesso un alto livello di biodiversità, nonché ricchezze culturali e naturali uniche al mondo. Da tutto questo, e partendo anche dalle caratteristiche fisiche di questi territori, si capisce che le isole minori possono effettivamente essere viste anche come laboratori in cui sperimentare la sostenibilità.
La sostenibilità delle isole minori: il rapporto
Il punto più interessante del rapporto è quello relativo al livello di sostenibilità delle isole minori italiane: il valore medio si attesta al 46%, una performance che certo non brilla. Anzi, questo dato medio mostra quanto ci sia ancora da fare per aumentare la sostenibilità delle isole minori del nostro Paese. Nello specifico, le isole con un livello più alto di sostenibilità sono Capri e l’isola di Sant’Antioco in Sardegna, rispettivamente al 62% e al 60%. Le altre isole che superano la soglia del 50% sono l’isola del Giglio (57%), le isole Tremiti (55%), l’isola sarda di San Pietro (54%) e Ustica al 53%. Le isole che si posizionano negli ultimi posti, e quindi al di sotto del 40%, sono invece Ischia, le isole Eolie e La Maddalena. Terribile la performance dell’isola di Salina, con i suoi 2.530 abitanti e i suoi 26 chilometri quadrati: qui l’indice complessivo di sostenibilità è al 19%
I fattori considerati
Per definire il livello di sostenibilità delle isole minori italiane l’Osservatorio sulle isole minori di Legambiente e del Consiglio Nazionale delle Ricerche ha preso in considerazione diversi fattori, quali la raccolta differenziata, la dispersione idrica, le rinnovabili, la mobilità, e via dicendo. Si scopre così per esempio che nelle isole analizzate la raccolta differenziata si ferma al 56%, 9 punti al di sotto dell’obiettivo minimo europeo; e che, per quanto riguarda la rete idrica, la perdita media sulle isole minori è del 40%.
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