Il sequestro del carbonio in agricoltura
Il carbonio: perché è importante per la Terra
Il carbonio è un elemento chimico non metallico, insolubile, inodore e insapore. Si trova in tutte le forme di vita organica. Può avere aspetti differenti e legarsi a molti altri elementi chimici: unito all’idrogeno, ad esempio, forma vari composti chiamati idrocarburi, elementi base dei combustibili fossili.
Come ogni elemento naturale, il carbonio di per sé non è ne buono ne cattivo. Dipende come si usa. Con l’ossigeno, ad esempio, crea il biossido di carbonio o anidride carbonica: indispensabile per la crescita delle piante ma principale gas serra prodotto dall’uomo e causa dei cambiamenti climatici.
Il carbonio è ovunque in natura e con il ciclo del carbonio viene trasformato in ossigeno attraverso la fotosintesi. Per questo suolo, oceani, biosfera e atmosfera sono chiamati pozzi di assorbimento del carbonio. Ma non tutti sono in salute: l’atmosfera è satura di gas serra, gli oceani diventano sempre più acidi, le foreste ed i combustibili fossili diminuiscono. Il suolo è l’unico elemento in grado di assorbire l’anidride carbonica. Come?
Sequestro del carbonio in agricoltura: come funziona
Il terreno assorbe l’anidride carbonica attraverso le piante, grazie alla fotosintesi. La CO2 può rimanere nel sottosuolo per migliaia di anni, alimentando i microorganismi. La cattura del carbonio è uno strumento efficace contro il cambiamento climatico: lo dimostra lo studio Young people’s burden: requirement of negative CO2 emissions scritto da un gruppo di ricercatori guidati da James Hansen, climatologo del Columbia University Earth Institute di New York (Usa) e attivista.
L’agricoltura rigenerativa
Alcuni ricercatori e agricoltori, infatti, credono che il suolo abbia un valore fondamentale. Ma dobbiamo abbandonare i metodi della produzione agricola intensiva. Monocoltura, pascoli intensivi e uso di pesticidi e fertilizzanti uccidono la biodiversità, impoveriscono i terreni e aumentano i gas serra. Adottare l’agricoltura rigenerativa o organica, invece, permette al terreno di assorbire il carbonio. Secondo Rattan Lal, direttore del Carbon Management and Sequestration Center dell’Ohio (Usa), il suolo può assorbire tra 0,9 e 2,6 gigatoni di carbonio l’anno. E dichiara:
Rimettere il carbonio nel terreno non diminuisce solo gli effetti del cambiamento climatico ma migliora la salute umana e la produttività, aumenta la sicurezza alimentare e la qualità di aria e acqua.
Le tecniche dell’agricoltura rigenerativa variano in base al terreno, al clima e al tipo di coltura. All’inizio si studia il terreno ed i suoi microorganismi che vanno nutriti con compost e concimi naturali. Non si ara o dissoda il terreno perché rilascerebbe carbonio nell’atmosfera. Piuttosto si combinano colture di copertura, colture perenni e arbusti con l’allevamento per arricchirlo. Non si lascia mai incolto il suolo ma si piantano colture di copertura anche in inverno. In realtà, fino a fine 1800 questo era il metodo tradizionale per coltivare. Poi è arrivata l’agricoltura intensiva.
Gli studi e le linee guida della FAO
L’agricoltura rigenerativa è nuova ed esistono pochi studi a riguardo. Il Marin Carbon Project in California è uno dei primi esperimenti di rigenerazione del suolo. Dal 2013 grazie ai compost naturali la produttività agricola è migliorata, il contenuto di carbonio nel terreno è aumentato e sono stati ridotti 1,5 tonnellate di diossina/acro ogni anno.
Anche la FAO ritiene che gestire meglio il suolo sia determinante per affrontare il cambiamento climatico. Tanto che al Global Symposium on Soil Organic Carbon di Roma, dal 21 al 23 marzo 2017, ha presentato le Linee guida volontarie per la gestione sostenibile del suolo.
Pro e contro l’agricoltura rigenerativa
Ripristinare il carbonio nel suolo ha diversi vantaggi: rigenera i terreni e migliora le colture e riduce il cambiamento climatico. Ed è un potenziale strumento per sradicare fame e malnutrizione, secondo obiettivo per il 2030 nell’agenda delle Nazioni Unite. Purtroppo, però, la gestione sostenibile del suolo è poco diffusa, c’è carenza di fondi e scarsa conoscenza. Negli Usa inoltre è necessaria un’assicurazione federale, aspetto che scoraggia gli agricoltori.
I pozzi artificiali di stoccaggio del carbonio: opportunità o pericolo?
Da qualche anno si sperimenta la creazione di pozzi artificiali di cattura e stoccaggio della CO2, ricavati da giacimenti fossili esauriti o da acquiferi salini. Chiamati Carbon Capture and Storage (CCS), sono promossi dalla Carbon Capture and Storage Association e considerati interessanti dall’Intergovernmental Panel on Climate Change.
Le Nazioni Unite ne stanno definendo le modalità e l’Unione Europea sostiene la realizzazione di progetti CCS pilota. È una soluzione sicura? L’eruzione di CO2 sotto il Lago Nyos (Camerun) che ha causato 1700 morti nel 1986 oltre a danni ingenti alla biodiversità dimostra che l’anidride carbonica è un elemento incostante. Bisogna rendere sicura l’estrazione e il sequestro di carbonio prima di considerarla una fonte d’energia. Inoltre è necessario considerarne l’impatto ambientale: quanta energia si consuma per trasportare e iniettare la CO2 nel sottosuolo?
Critiche all’agricoltura rigenerativa
Alcuni scienziati, invece, sono scettici sull’efficacia del sequestro del carbonio in agricoltura. Tuttavia non esistono alternative valide e sicure se si vuole realmente raggiungere il drawdown, ossia il punto in cui i gas serra inizieranno a diminuire.
Il carbonio non è un nemico
La natura ci regala elementi naturali e risorse. Spetta all’uomo decidere come usarli. Oggi il pianeta ha i giorni contati. Ritornare alle origini è un segno di rispetto verso la Terra, tanto ricca quanto fragile. Il futuro non può essere che sostenibile.
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