Il ruolo del nucleare nella transizione energetica
Nucleare sì o nucleare no? La questione che si dipana nei decenni non sembra trovare risposta: entrambi i campi hanno infatti dei sostenitori molto convinti, tra i quali l’accordo sembra davvero impossibile. E il problema viene al pettine soprattutto nel momento in cui questi soggetti sono costretti a ragionare insieme su un tema così spinoso: come è noto infatti in questi mesi, a livello europeo, si sta ragionando sul ruolo del nucleare nella transizione energetica che tutti dovremmo affrontare per combattere i cambiamenti climatici. Aveva fatto scalpore qualche mese fa la decisione della Commissione Europea di inserire nella propria tassonomia verde delle fonti energetiche anche l’energia nucleare, da sfruttare come mezzo “per facilitare la transizione verso un futuro rinnovabile”. Da lì erano nate discussioni a non finire, tanto da spingere in questi ultimi giorni la Commissione EU a stralciare il nucleare dall’elenco delle tecnologie green per l’industria dei prossimi anni. Ci si muove dunque prima in una direzione, e dopo nell’altra, senza alla fin fine fare dei regali scostamenti definitivi. Anche perché, come detto, sul ruolo del nucleare nella transizione energetica in Europa ci sono due gruppi nettamente distinti: vediamoli.
Chi desidera un ruolo nel nucleare nella transizione energetica
Il gruppo dei paesi europei desiderosi di dare al nucleare un ruolo di spicco nel panorama energetico futuro è costituito da 11 attori bene definiti, capeggiati dalla Francia: non a caso si parla di una “alleanza nucleare di Macron”. A formare il fronte dell’atomo, oltre alla Francia, sono – in ordine alfabetico – Bulgaria, Croazia, Francia, Ungheria, Finlandia, Paesi Bassi, Polonia, Repubblica ceca, Romania, Slovacchia e Slovenia. E si può avere la certezza delle posizioni di questi paesi poiché tutti i loro ministri, poche settimane fa, si sono accordati per avviare delle collaborazioni più strette proprio nel campo dell’energia nucleare. Era stata proprio la Francia peraltro a spingere per far rientrare il nucleare nella tassonomia verde della Commissione EU, con la Germania che aveva ceduto alla richiesta per avere a sua volta l’inserimento del gas nella medesima lista. E che la Francia voglia puntare dritto sull’atomo non è una sorpresa: il paese – quello che vanta la più grande industria energetica nucleare in Europa – soddisfa infatti più della metà del proprio fabbisogno energetico proprio con le centrali nucleari. Non peraltro senza problemi, non ultimo l’annuncio di pochi giorni fa da parte della società energetica EDF, che ha individuato 320 saldature ritenute a rischio nelle proprie centrali nucleari.
I paesi contro l’energia nucleare in Europa
E se il gruppo dei paesi che desiderano un ruolo nel nucleare nella transizione energetica europea è trasparente, altrettanto si può ormai dire anche a proposito dell’altro schieramento. Sono infatti 7 i paesi che si sono schierati in modo aperto contro il fronte dell’atomo. A capeggiare il gruppo non ci poteva che essere la Germania, in un vero braccio di ferro tra Berlino e Parigi. Al fianco dei tedeschi ci sono Austria, Irlanda, Lussemburgo, Portogallo e Spagna. Come sottolineato in una lettera indirizzata alla presidente di turno dell’Unione Europea, ovvero alla Svezia, i 7 paesi sono convinti che «inserire l’idrogeno e i carburanti a basso contenuto di carbonio tra gli obiettivi per il 2030 avrebbe il risultato di rallentare l’ambizione, così di rallentare la diffusione delle rinnovabili, mettendo a rischio il raggiungimento degli obiettivi climatici». E ancora, dal medesimo fronte si sottolinea il fatto che il nucleare non rappresenta un’energia rinnovabile, nonché il grande problema delle scorie nucleari: resta infatti aperta la questione della gestione degli scarti, sapendo che è ancora lunga – e costosa – la strada verso le centrali capaci di ridurre in modo concreto la produzione di scorie.
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