Rinnovabili in agricoltura: fanno bene ad ambiente e persone
L’agricoltura e le attività agroalimentari ad essa connesse sono il cuore dell’economia rurale. Un sistema che si regge sul lavoro di una grande percentuale di famiglie impegnate nella raccolta, trasformazione, trasporto e vendita di prodotti agricoli. Eppure non si tratta di un circolo virtuoso, perché le comunità rurali spesso lottano con la mancanza di accesso e disponibilità delle risorse, soprattutto quelle energetiche, e il risultato è a dir poco allarmante. Prodotti di bassa qualità, pessime condizioni retributive per i lavoratori e forti danni ambientali.
Le soluzioni come sempre ci sono, basterebbe implementarle. Fra gli obiettivi di sviluppo del millennio (Millennium Development Goals) delle Nazioni Unite, lanciati nel 2000 e che avrebbero dovuto essere raggiunti entro il 2015, vi erano anche i servizi energetici a prezzi accessibili, ritenuti un ingrediente fondamentale per lo sviluppo economico e per l’eliminazione della povertà estrema.
A rilanciare la questione è l’IRENA, agenzia internazionale per le energie rinnovabili, che, in un rapporto pubblicato di recente, intitolato Renewable Energy Benefits: Decentralised Solutions in the Agri-food Chain, evidenzia i benefici socio-economici derivanti dall’utilizzo delle rinnovabili nelle attività agricole e agroalimentari delle aree rurali. L’introduzione di tecnologie off grids a base di energie rinnovabili, secondo Irena, può contribuire enormemente allo sviluppo di queste zone rurali, favorendo l’affermarsi di economie agricole virtuose e risolvendo al tempo stesso il problema della povertà e dell’impatto ambientale.
1 mld di persone non ha accesso alla rete elettrica
Secondo alcune stime recenti, circa un miliardo di persone al mondo non ha ancora accesso alle rete elettrica, mentre 2,9 miliardi utilizzano apparecchi a biomasse tradizionali, estremamente pericolose per la salute, per cucinare e riscaldare gli ambienti domestici. L’80% della popolazione che non ha accesso all’elettricità si trova ovviamente nelle zone rurali povere.
È qui che si dovrebbe intervenire con assoluta urgenza, per offrire alla popolazione delle condizioni di vita e lavorative più dignitose ma anche per salvaguardare i prodotti agricoli che vengono esportati in tutto il mondo e per ridurre l’inquinamento provocato dall’uso di sistemi e metodi vecchi e dannosi.
Tutte le soluzioni implementabili
Il report di Irena cerca di passare dalle parole ai fatti, illustrando tutte le soluzioni che potrebbero essere messe in pratica per introdurre le rinnovabili nella catena agroalimentare: dall’utilizzo di pompe alimentate ad energia solare per irrigare i campi fino all’implementazione di mini-reti a fonti rinnovabili a servizio di sistemi per la refrigerazione dei prodotti in aree remote.
Le proposte di interventi sono corredate da alcuni casi studio che, dati alla mano, hanno dimostrato non soltanto che è possibile il passaggio all’energia pulita anche nelle zone più isolate e non servite ma anche che i benefici ottenibili sono tangibili.
I casi di successo: pompe solari nel Rajasthan e nello Zimbawe
Il primo caso di successo è quello dello stato indiano del Rajasthan dove attualmente sono in funzione più di 4.000 pompe solari che hanno consentito un risparmiato di oltre 2,4 milioni di litri di gasolio e conseguentemente un guadagno di 350.000 dollari in sussidi governativi annuali per il diesel. La conversione tecnologica ha anche un vantaggio economico e permette di aumentare i redditi delle comunità rurali. Nello Zimbawe, ad esempio, i sistemi di pompaggio fotovoltaici hanno consentito un incremento delle entrate delle famiglie più povere del 286%.
Refrigerazione solare in Kenya
I sistemi di pompaggio non sono ad ogni modo le uniche soluzioni. Bisognerebbe investire su mulini, digestori di biogas, fornelli ed essiccatori solari o dispositivi di raffreddamento per evaporazione, tutte alternative in grado di ottimizzare le attività di produzione alimentare primaria e post-raccolta. Sviluppare un sistema di refrigerazione post-raccolta in aree senza elettricità è una vera e propria sfida ma in assenza di una rete stabile e capillare, in realtà, i sistemi stand alone a rinnovabili sono probabilmente la soluzione migliore per risolvere il problema.
Le tecnologie di refrigerazione solare, che sfruttano l’energia del sole per attivare un sistema di raffreddamento, è un’opzione molto interessante per tutte quelle aree dove vi è una forte radiazione solare. I dispositivi, che negli ultimi anni hanno visto un’evoluzione enorme a livello tecnologico, sono di due tipi: refrigeratori con solare elettrico e refrigeratori con solare termico. In entrambe i casi la tecnologia non è ancora in grado di competere, a livello economico, con i tradizionali refrigeratori ma, applicata nelle aree prive di reti elettriche, si è mostrata assolutamente conveniente. Un esempio viene dal Kenya, dove è stata testata una macchina in grado di produrre 50 kg di ghiaccio al giorno, per raffreddare fino a 100 litri di latte. Considerata l’eliminazione delle perdite di latte che si rovinava e la possibilità di produrre anche una serie di derivati i ricavi della comunità rurale sono aumentati considerevolmente. Stando alle stime, il progetto ha generato 19.633 dollari, di cui più di 12mila sono andati in tasca ai 184 produttori di latte.
Prodotti più sani e meno inquinamento
I maggiori guadagni non sono dettati esclusivamente da un’ottimizzazione del ciclo produttivo ma anche dall’ottenimento di prodotti più salutari e quindi vendibili a un prezzo più alto. Nel rapporto Irene evidenzia ad esempio come le chip di banana essiccate tramite impianti solari in Thailandia siano vendute a un prezzo più elevato rispetto a quelle asciugate al fuoco, cosa che ha portato a nuove entrate per un totale di 1,5 milioni di dollari l’anno per 9600 tonnellate di banane essiccate.
L’introduzione di tecnologie off grids che sfruttano le energia rinnovabili nelle comunità rurali, conclude Irena, avrebbe una ricaduta positiva per l’intero pianeta. Cosa stiamo aspettando?
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