ridurre la pesca nel Mediterraneo
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Ridurre la pesca nel Mediterraneo: il report di Oceana

Ridurre la pesca nel Mediterraneo è fondamentale per garantire la sostenibilità degli ecosistemi e per non mettere a rischio diverse specie ittiche presenti in questi mari. Questo è noto da tempo, e in effetti già da cinque anni è stato implementato il cosiddetto West Med MAP, ovvero il piano pluriennale del Mediterraneo occidentale, il primo piano dell’Unione Europea per la conservazione delle specie demersali (ovvero delle specie che vivono nelle prossimità del fondo marino). Va peraltro ricordato che ancora prima, più di dieci anni fa, è stato adottato anche il CFP, ovvero l’insieme delle regole basilari per la pesca internazionale. A cosa hanno portato queste implementazioni comunitarie? Secondo Oceana, un’organizzazione impegnata a livello globale nella difesa dei mari e degli oceani, c’è ancora tantissimo da fare: nel Mediterraneo occidentale si è infatti ancora lontani dal rispettare i nuovi regolamenti, ed è quindi necessario cambiare approccio e finalmente ridurre la pesca di diverse specie ittiche.  

La necessità di ridurre la pesca nel Mediterraneo occidentale

Oceana parla della necessità di ridurre la pesca nel Mediterraneo in un report dedicato all’analisi dei cinque anni dall’introduzione del West Med MAP (il titolo dell’indagine è “Rebuilding western Mediterranean fisheries: has the western Mediterranean multiannual plan delivered? 2019-2024”). Secondo l’associazione, nonostante gli sforzi degli ultimi anni per aumentare la sostenibilità dell’attività di pesca, ci sono ancora diverse specie ittiche eccessivamente sfruttate nei nostri mari. Si parla per esempio della triglia, nel Golfo del Leone, l’insenatura presente tra il confine spagnolo e la città di Tolone, in Francia; o del nasello europeo e dello scampo, nel mar Ligure e nel Tirreno del nord. A presentare uno stato critico sono inoltre diverse popolazione di gambero (viola, rosso e rosa).

Cosa succede nel 2025 per la pesca nel Mediterraneo occidentale

A partire dal 1° gennaio del 2025, così come previsto dal piano europeo, Italia, Spagna e Francia dovranno adottare nuove regole per rendere più sostenibile lo sfruttamento delle popolazioni ittiche: di fatto quelle che fino a oggi erano solamente delle indicazioni diventeranno altrettanti obblighi, che si concentrano in particolar modo sulle specie demearsali. Oceana riporta inoltre alcune indicazioni per i singoli Stati, per arrivare effettivamente a ridurre la pesca nel Mediterraneo occidentale, così da salvaguardare le specie e da mantenere la reddittività dell’attività stessa: si parla di assegnare dei giorni precisi per la pesca a strascico dei pescherecci, e sempre entro dei limiti ben precisi; di migliorare la selezione degli strumenti impiegati, così da evitare le catture accidentali; infine di delimitare in modo più efficace le aree di pesca, per proteggere così gli habitat ittici essenziali. Quest’ultimo punto è particolarmente importante, per salvaguardare la riproduzione delle specie ittiche interessate.

Il commento di Oceana

In chiusura del report, Oceana mostra dell’ottimismo: così come sottolineato da Javier Lopez, direttore della Campagna per la pesca Sostenibile di Oceana in Europa, “la determinazione della Commissione europea a far sì che i Paesi continuino ad attuare il Piano Pluriennale per il Mediterraneo occidentale porta con sé un bagliore di speranza per le specie sovrasfruttate in queste acque. Francia, Italia e Spagna sono obbligate a fissare le possibilità di pesca per il prossimo anno a un livello tale da garantire il recupero di queste specie, con benefici a catena per gli ecosistemi marini e il futuro della pesca”.