Regolamentare le proteine alternative: quando potremo mangiare gli insetti?
La popolazione mondiale continua a crescere a tassi elevati e si stima che al 2050 vivranno sul pianeta più di 9 miliardi di persone. Come sarà possibile sfamarle tutte? L’aumento della domanda di carne e pesce è una delle maggiori sfide che dovrà essere affrontata, perché non sarà possibile espandere la produzione animale senza provocare gravi impatti ambientali.
L’impatto ambientale della produzione di carne e pesce
Attualmente l’80% del suolo agricolo è destinato alla coltivazione di foraggi e alimenti per animali e gli allevamenti stessi sono responsabili di circa il 20% delle emissioni di gas serra globali, anche perché la digestione dei grandi animali produce metano, un gas serra quattro volte più nocivo dell’anidride carbonica. Stesso discorso vale per la farina di pesce, alimento principe di pesci e animali monogastrici come i suini, per produrre la quale si sta rischiando di danneggiare l’ecosistema marino.
Insetti, l’alternativa più promettente
E’ per questo motivo che negli ultimi anni si stanno cercando delle soluzioni alternative alle tradizionali proteine, per sfamare gli animali e, perché no, anche le persone. Gli insetti sembrano essere finora la soluzione più interessante ed è in corso in tutto il mondo un iter legislativo che possa consentirne l’uso a scopi alimentari.
L’Europa cerca di regolamentare le proteine alternative
Anche in Europa si sta cercando di regolamentare le proteine alternative. Sono attualmente in fase di lancio due importanti regolamenti. Il primo riguarda una modifica dell’allegato IV del regolamento 999/2001 che consentirà, dal 1 luglio 2017, l’utilizzo delle proteine ricavate da insetti nell’alimentazione dei pesci. Questa modifica annullerà di fatti il divieto, fissato nel 1999, di utilizzare farine animali nella produzione di mangimi, in seguito all’epidemia del morbo di Creutzfeldt-Jakob (la cosiddetta sindrome della mucca pazza).
Mangimi a base di insetti per l’acquacoltura
Sebbene l’uso di insetti nei mangimi sia stato successivamente legalizzato, perlomeno in linea di principio con il regolamento 1069/2009, restavano una serie di punti controversi presenti nell’allegato IV che portavano ad interpretazioni diverse. La modifica chiarirà come e in che misura gli insetti potranno essere coltivati ed utilizzati a scopi alimentari. Sebbene questa modifica riguarderà esclusivamente il settore dell’acquacoltura, l’utilizzo di proteine a base di insetti per altre forme di alimentazione animale dovrebbe essere legalizzato nei prossimi anni.
Insetti per uso umano dal 2018
Il secondo tassello normativo per regolamentare le proteine alternative in Europa è rappresentato dalla nuova versione del Novel Foods Regulation (regulation 2015/2283), il regolamento sui Nuovi Alimenti, che entrerà in vigore il 1 gennaio 2018. Sebbene il precedente Regolamento affrontasse già il tema legato ad alcune produzioni alimentari a base di insetti per il consumo umano, permanevano delle incertezze in merito al riferimento a insetti interi o a preparati di insetti interi.
Oltre a questo punto controverso non esisteva ad ogni modo un’armonizzazione all’interno degli Stati membri dell’Ue su come trattare gli insetti come un prodotto alimentare: in alcuni paesi vige il divieto assoluto di usare qualsiasi forma di insetto per la produzione di alimenti di qualsiasi tipo, in altri sussistono alcune specifiche e in altri ancora invece gli insetti sono perlopiù legalizzati. Queste differenze hanno provocato non poche difficoltà nella circolazione degli alimenti in suolo europeo.
Basta il via libera dell’Autorità europea per la sicurezza alimentare (EFSA)
Il nuovo Regolamento punta invece a un’armonizzazione delle norme al fine di regolamentare le proteine alternative a base di insetti in modo condiviso all’interno dell’Ue. La normativa aggiornata prevede infatti che qualsiasi prodotto alimentare a base di insetti debba ricevere il via libera dell’Autorità europea per la sicurezza alimentare (EFSA), dopo di che può essere legalmente venduto in tutti gli Stati membri dell’UE. La procedura di autorizzazione dovrebbe durare mediamente 18 mesi.
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