Raffreddamento passivo: il calore viene spedito nello spazio
In un mondo in costante surriscaldamento l’esigenza di raffrescare gli ambienti interni è diventata sempre più pressante. I sistemi di climatizzazione si stanno diffondendo a macchia d’olio, specie in quei paesi in cui le temperature arrivano a toccare picchi molto elevati, e stanno comportando un aumento dei consumi energetici e quindi di emissioni nocive, responsabili dei cambiamenti climatici. Un ciclo insomma dannoso e incontrollabile. Ecco che negli ultimi anni si sta cercando di porre rimedio a questo trend con la ricerca di soluzioni eco-sostenibili, che nella maggior parte dei casi sfruttano i principi del raffreddamento passivo.
Raffreddamento passivo: l’innovazione di Stanford
Fra le innovazioni più interessanti e di cui si è parlato molto vi è sicuramente quella sviluppata da un team di ricercatori dell’Università di Stanford che, lanciata in fase prototipale nel 2013, si proponeva come soluzione a basso impatto ambientale per il raffreddamento passivo degli edifici. Si tratta di un particolare rivestimento da posizionare sul tetto degli edifici che riesce a raffrescarli anche nelle giornate di sole, estraendo l’energia termica della superficie e inviandola direttamente nello spazio. L’ultimo test della tecnologia ha confermato la possibilità di utilizzare dei pannelli solari per raffreddare l’acqua senza necessità di nessun’altra fonte energetica.
Radiative Sky Cooling: il rivestimento che spedisce il calore nello spazio
In sé non si tratta di una novità, perché diverse coperture piane tipiche delle regioni del sud assolvono a questa funzione, attraverso l’espulsione di calore nelle ore notturne, raffreddandosi e abbassando il carico termico interno. Ma il Radiative Sky Cooling– questo il nome del sistema- sfrutta un materiale ultrasottile e multistrato che agisce sulla luce, visibile ed invisibile, in un modo totalmente nuovo, combinando il fenomeno diurno della riflessione, tipico di una superficie chiara, con quello tipico della notte dell’emissione verso la volta celeste.
Uno specchio riflettente per la luce solare e i raggi infrarossi
La luce invisibile, sotto forma di radiazione infrarossa, è infatti uno dei modi con cui tutti gli oggetti e gli esseri umani espellono il calore. Il rivestimento, composto da sette strati di biossido di silicio e ossido di afnio rivestiti di argento e ‘compressi’ in 1,8 micron di spessore, ad ogni modo non agisce soltanto sulla luce infrarossa ma anche su quella solare, fungendo da vero e proprio specchio riflettente. Il risultato è quello che il team di Stanford chiama ‘raffrescamento radiativo fotonico’, un processo che, in base ai risultati di test, è in grado di riflettere in modo passivo fino al 97% dei raggi luminosi con una potenza di raffrescamento superiore ai 100 W al mq.
Rivestimento utilizzabile anche nei pannelli solari
Questi primi test erano stati svolti utilizzando dei wafer larghi circa 20 cm e avevano semplicemente dimostrato l’efficacia del principio di raffreddamento passivo alla base della tecnologia. Dopo di che il team ha compiuto un ulteriore passo in avanti, impiegando il materiale per rivestire dei pannelli solari con l’obiettivo di raffreddarli, aumentandone l’efficienza.
Ottimi risultati dei test
Ora gli scienziati hanno scalato il sistema, dimostrando come questo potrebbe essere una soluzione semplice e pratica per raffreddare l’acqua corrente, che potrebbe essere condotta attraverso un edificio per raffrescarlo. Nei test più recenti sono stati installati fino a quattro pannelli solari ricoperti di materiale riflettente e per tre giorni continuativi i moduli sono riusciti a raffreddare costantemente l’acqua da 3 ° a 5 ° C.
Consumi energetici ridotti di più del 20%
Utilizzando questi dati sono state compiute delle simulazioni per un edificio ad uso uffici a due piani situato a Las Vegas, caratterizzata da un clima caldo e arido. La simulazione ha previsto il raffreddamento dell’edificio attraverso un sistema di compressione a vapore, dove il condensatore del sistema è stato a sua volta raffreddato dai pannelli. Nel corso della stagione estiva è stato dimostrato che i pannelli hanno ridotto di più del 20% i consumi energetici necessari per il raffrescamento, con un risparmio di circa 14,3 MWh di elettricità.
Raffreddamento passivo anche per il liquido che serve gli impianti di climatizzazione
“Il nostro studio fornisce per la prima una dimostrazione reale- spiega Aaswath Raman- di come si possano sfruttare tecnologie di raffreddamento passivo e radiativo per raffreddare un liquido che può essere collegato ai sistemi di climatizzazione, ottenendo grandi risparmi di energia elettrica.”
Prossimo obiettivo: i data center
Per continuare a sviluppare i dispositivi, i ricercatori hanno fondato una società chiamata SkyCool Systems e stanno attualmente lavorando per integrare i pannelli nei sistemi di condizionamento e refrigerazione. Una delle applicazioni principali a cui stanno puntando è quella dei sistemi di raffreddamento per data center, una delle infrastrutture più energivore in assoluto.
La ricerca è stata pubblicata nella rivista Nature Energy.
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