Con la produzione di acciaio sostenibile l’ex Ilva può ripartire
Alcune settimane fa Sace – ovvero il Gruppo assicurativo-finanziario direttamente controllato dal Ministero dell’Economia e delle Finanze e utilizzato per dare sostegno al tessuto economico nazionale – ha dichiarato di avere messo a punto un piano di sostegno da 120 milioni per i fornitori dell’ex Ilva di Taranto, in vista del famoso rilancio dell’attività, che dovrebbe portare a produrre 4 milioni di tonnellate di acciaio l’anno. Ma attenzione: quella che dovrà avere luogo nello stabilimento pugliese dovrà essere una produzione di acciaio sostenibile, nella consapevolezza che il settore siderurgico è tra i più inquinanti, e che il nuovo corso deve rispondere a tutt’altri requisiti ambientali. Di certo questo processo non sarà facile, ma sul fatto che ci sia bisogno di agire in fretta – in ogni caso in clamoroso ritardo – non ci son dubbi. Perché lo stabilimento occupa 10 mila persone, ovviamente, e perché l’acciaio serve. Si prevede infatti che la richiesta di questa lega crescerà parecchio nei prossimi anni, aumentando del 20% entro la metà del secoli: con l’acciaio si costruiscono case e palazzi, si realizzano i telai delle auto, ma anche le turbine eoliche come le turbine idroelettriche. Insomma, ci sono tanti ottimi motivi per spingere verso l’avvio della produzione di acciaio sostenibile negli stabilimenti dell’ex Ilva.
L’inquinamento del settore dell’acciaio
Di certo avviare la produzione di acciaio sostenibile non è cosa semplice. Basta partire da un concetto di base: si stima che, attualmente, il settore dell’acciaio contribuisca al 7% delle emissioni mondiali di anidride carbonica. Da questo punto di vista, il suo impatto è maggiore rispetto alla combinazione di trasporto aereo e marittimo. È però anche vero che, di fronte all’aumento della domanda di acciaio, risulta fondamentale avviare un altro modo di produrlo, riducendo o azzerando gli impatti. La fonte di inquinamento legata alla produzione classica di acciaio è il carbone, che è presente di due passaggi differenti del processo. Si parla del carbone utilizzato come combustibile per fondere il materiale ferroso, come anche del vero e proprio coke, ovvero il carbone riscaldato, utilizzato negli altiforni. Per avviare una produzione sostenibile dell’acciaio è necessario eliminare del tutto l’utilizzo del carbone: come si intende fare?
La produzione di acciaio sostenibile con forni elettrici all’ex Ilva
Nel concreto, per dare il via alla produzione di acciaio sostenibile nello stabilimento di Taranto si prevede la costruzione di due grandi forni elettrici, che andranno quindi a sostituire i classici e inquinanti altiforni. Stando al programma attuale, i lavori per la costruzione dei forni dovrebbero partire nel 2025, per concludersi nel 2027, anno in cui potrà iniziare il nuovo ciclo di produzione dell’acciaio green. Anziché essere alimentati con del coke, questi forni saranno messi in funzione da elettricità proveniente da fonti pulite; non è però stata definita esattamente quale fonte verrà utilizzata, e si parla per ora genericamente di rinnovabili o di nucleare (come è noto infatti il ministro Picchetto ha aperto pubblicamente alla possibilità di avviare piccoli reattori nucleari di ultima generazione, a gestione di consorzi di imprese). Va inoltre detto che questi forni produrranno acciaio a partire da dei rottami, così da eliminare a monte le emissioni legate alla lavorazione del ferro. Questa scelta, assolutamente positiva dal punto di vista ambientale, porta però uno svantaggio: la qualità dell’acciaio ottenuto dai rottami è sensibilmente minore, rendendo quindi il materiale risultante meno performante. Probabilmente, quindi, la lega risultante non potrà essere usata per esempo al fine di realizzare delle carrozzerie nell’automotive.
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