Il processo sul clima dei 6 ragazzi portoghesi contro 32 Paesi
L’estate del 2023 è stata la più calda di sempre. Incentivati proprio dalle lunghe e potenti ondate di calore, gli incendi hanno devastato ampie porzioni dell’Italia, della Grecia, della Croazia, della Spagna e del Portogallo. Ma non è certo la prima volta, anzi. Si pensi all’estate del 2017, quando le fiamme rasero al suolo 200 mila ettari di foresta nella provincia portoghese di Beira: in quell’occasione si contarono 66 vittime. Ed è proprio a partire da quel dramma che 6 ragazzi portoghesi – di età compresa tra gli 11 e i 24 anni – hanno deciso di portare a processo sul clima ben 32 Paesi. La prima udienza si è già tenuta, il 27 settembre, di fronte al Cedu, ovvero alla Corte europea per i diritti dell’uomo.
Il primo processo sul clima presentato al Cedu
Questo processo è importante per diversi motivi. Prima di tutto, perché si parla del primo caso in assoluto di processo sul clima presentato presso la Corte europea per i diritti dell’uomo. In secondo luogo, perché è il più grande tra i processi sui cambiamenti climatici. I 6 ragazzi portoghesi hanno infatti fatto causa a ben 32 Paesi, con l’accusa esplicita di non stare facendo abbastanza per contrastare il climate change. Nello specifico si parla di tutti gli Stati membri dell’Unione Europea, ai quali si aggiungono anche Regno Unito, Turchia, Svizzera, Finlandia e Russia. Eccezione fatta per quest’ultimo Paese – essendo stata la Russia esclusa dalla Corte dal momento dell’invasione dell’Ucraina – tutti gli altri accusati si sono presentati per rispondere alle accuse, schierando decine di avvocati (in tutto sarebbero circa 80).
L’obiettivo dei 6 ragazzi portoghesi
Qual è l’obiettivo perseguito dai 6 ragazzi portoghesi nel portare ben 32 Paesi alla sbarra della corte di Strasburgo? Lo scopo è quello di costringere tutti i Paesi accusati a rispettare davvero gli accordi di Parigi, i quali peraltro dovrebbero essere già di per sé stringenti, essendo stati siglati da tutti i partecipanti in occasione della famosa Cop21 sul clima. L’accusa è quella di non fare abbastanza per proteggere il clima e l’ambiente, ma anche di violare i diritti umani, a partire da quelli dei soggetti dell’accusa. Gli avvocati dei ragazzi portoghesi sostengono infatti che, con la loro condotta poco attenta ai cambiamenti climatici, i Paesi stiano violando il diritto di salute dei giovani, negando loro la possibilità di vivere la natura e rendendo difficile lo studio. È però ancora molto presto per sapere se il processo sul clima intentato dai ragazzi per placare l’inazione dei Paesi europei avrà successo: si stima infatti che prima del 2024 non ci sarà nessuna effettiva pronuncia da parte del Cedu.
La posizione dei Paesi accusati
Quel che è certo è che, per ora, i Paesi coinvolti non sembrano per niente d’accordo con le accuse mosse. Anzi, i 32 Paesi hanno respinto in modo categorico ogni accusa, negando di fatto che i cambiamenti climatici costituiscano una minaccia concreta per la salute degli esseri umani. Il che stride parecchio con i dati a disposizione della comunità scientifica e con tanti studi effettuati negli ultimi anni. In effetti alcune dichiarazioni degli Stati coinvolti risuonano sinistre e sorprendenti: si pensi per esempio alla Grecia – che proprio quest’estate è stata divorata da enormi e feroci incendi – la quale ha dichiarato che «gli effetti dei cambiamenti climatici finora registrati non sembrano colpire direttamente la vita o la salute umana» e che non ci sono le basi per riconoscere una relazione di causa-effetto tra climate change e salute umana.
Non ci resta che vedere come procederà questo processo sul clima nei prossimi mesi. Risulta però difficile controbattere alle dichiarazioni del portavoce dei ragazzi portoghesi, il quindicenne André dos Santos Oliveira: «i governi europei stanno fallendo» ha spiegato, aggiungendo che «non ci stanno proteggendo».
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