Politiche ambientali europee tra traguardi e incertezze
Lo scorso 28 febbraio i ministri dell’ambiente dell’Unione Europea hanno raggiunto un importante traguardo in tema di politiche ambientali europee. È stata infatti concordata una riforma del sistema europeo di scambio delle quote di emissione (ETS – EU Emission Trading Scheme ) nel tentativo di allineare i paesi con gli impegni assunti nell’ambito dell’accordo di Parigi sui cambiamenti climatici.
Solo 19 stati su 28
“È un grande successo“, ha detto il commissario UE al clima Miguel Arias Canete dopo la riunione. “Resta ancora molto da fare, ma lo spirito che ha caratterizzato gli accordi di Parigi è ancora con noi”.”
Nonostante le molte, belle, parole soltanto 19 dei 28 Stati membri dell’UE ha realmente sostenuto l’aggiornamento ETS. Tra gli assenti compaiono la Bulgaria, la Croazia, Cipro, la Lettonia, la Lituania, la Polonia, la Romania, l’Ungheria e l’Italia. La testi sostenuta da questi paesi nel corso di tutta la discussione è stata che le nuove politiche ambientali europee e la revisione dell’ETS genererebbero un impatto negativo nelle loro industrie.
La chiave delle politiche ambientali europee
Lo scambio delle quote di emissione è la chiave delle politiche ambientali europee per ridurre le emissioni di almeno il 40 per cento entro il 2030. Lo schema prevede un sistema cap and trade, ovvero con un tetto massimo di emissioni fissato e l’acquisto di una sorta di “permesso a inquinare” da utilizzare per ogni tonnellata di CO2 emessa da tutte quelle aziende (sono circa 11 mila) che ad oggi non sono ancora in regola.Il regime è stato introdotto nel 2005 e inizialmente ha funzionato bene, ma i prezzi sono crollati a seguito della crisi economica, provocando un eccesso di crediti sul mercato. L’accordo dello scorso febbraio si è mosso proprio in questo senso per evitare che possa generarsi un eccesso di credito e per mettere una soglia di sbarramento ed evitare che le aziende non virtuose possano continuare a pagare per inquinare piuttosto che migliorare la propria struttura.
Meno 40% entro il 2030
Per raggiungere l’obiettivo di ridurre le emissioni dell’UE di almeno il 40% entro il 2030, i settori coperti dall’EU ETS dovranno ridurre le loro emissioni del 43% rispetto al 2005. Questo significa che il numero complessivo delle quote di emissione diminuirà più rapidamente di prima, ovvero del 2,2% annuo invece che dell’1,74% a partire dal 2021. Ciò corrisponde a una riduzione aggiuntiva delle emissioni di circa 556 milioni di tonnellate tra il 2020 e il 2030 – pari all’incirca alle emissioni annuali del Regno Unito.
Meccanismo a sostegno dell’industria
La Commissione propone anche l’istituzione di vari meccanismi di sostegno per aiutare l’industria e i settori energetici ad affrontare le sfide in materia di innovazione e investimenti poste dalla transizione verso un’economia a basse emissioni di carbonio. Tra questi meccanismi figurano due nuovi fondi:uno per l’innovazione, che estende l’attuale sostegno a favore di progetti dimostrativi di tecnologie innovative anche a innovazioni industriali pionieristiche e l’altro per la modernizzazione, che favorisce gli investimenti nella modernizzazione del settore energetico e dei sistemi energetici in senso più ampio e dà impulso all’efficienza energetica in 10 Stati membri a reddito più basso.
Che Italia dopo il 28 febbraio?
Alcune “richieste avanzate dell’Italia sono state accolte – ha spiegato il ministro Galletti all’ANSA – per esempio sulla compensazione dei costi indiretti e sull’assegnazione delle quote gratuite“. “Dico solo – ha concluso il ministro – che forse il metodo andava seguito in maniera diversa. Dopo una giornata di trattative intense alla fine una delle proposte è stata approvata senza la necessaria discussione preventiva“. Per questa ragione di metodo, in un Consiglio segnato da molte tensioni nel finale della riunione, l’Italia si è espressa contro l’accordo.
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