Finalmente una plastica biodegradabile che può competere con quella standard
Basta guardarsi intorno per vedere plastica ovunque, in ufficio, in camera, in cucina, in soggiorno, in auto… il consumo di plastica continua ad aumentare in tutto il mondo, e così anche il suo spreco, che va ad inquinare interi ecosistemi. Non ci bastato contaminare le nostre città, le nostre campagne e i nostri boschi con i nostri rifiuti, anche gli oceani sono pieni di plastica: i mari ne sono talmente zeppi che ci ritroviamo a mangiare le nostre stesse microplastiche quando portiamo a tavola del pesce. Avviare una seria produzione di plastica biodegradabile, dunque, è diventata una necessità improrogabile. Anzi, la conversione dalla plastica classica fatta a partire dal petrolio verso la plastica biodegradabile sarebbe già dovuta avvenire molto tempo fa, così da evitare al nostro pianeta buona parte di questo ignobile inquinamento.
Il consumo di plastica continua ad aumentare
I dati parlano chiaro: negli Stati Uniti viene riciclato solamente i 22% dei rifiuti. Questo vuol certamente dire che va rafforzata l’industria del riciclo, ma conferma anche il fatto che abbiamo bisogno di materiali sostenibili, in primis di plastica biodegradabile, che non abbia impatti negativi sull’ambiente. «Nell’ultimo decennio» ha spiegato Yiqi Yang, professore di ingegneria biologica presso l’Università del Nebraska,«il consumo di plastica è passato dai 50 milioni di tonnellate ai 100 milioni di tonnellate a livello globale». Di fronte a queste cifre incredibili e di fronte all’attuale impossibilità di un reale sistema di riciclo soddisfacente, la plastica biodegradabile deve assolutamente prendere il sopravvento su quella non sostenibile ed inquinante.
I difetti delle bioplastiche
Il problema, però, è che fino ad ora nessuna plastica biodegradabile così come concepita dai ricercatori è riuscita a pareggiare in tutto e per tutto le performance di quella standard: talvolta i costi di produzione sono troppo alti, mentre tante altre volte la resistenza della plastica ‘vegetale’ risulta minore al prodotto al quale siamo abituati. Ciononostante, va detto che la plastica biodegradabile è già utilizzata a macchia di leopardo per produrre bottiglie, materiali per packaging e persino – in casi ancora rarissimi – mobili e accessori per la casa.
Una plastica biodegradabile realmente competitiva e resistente
Ma di certo, di fronte alla minore resistenza della plastica biodegradabile, il suo reale appeal agli occhi dei consumatori non può che risultare ridotto. Il team del professor Yang, però, sembra aver trovato la soluzione. All’Università del Nebraska è infatti stata realizzata una plastica biodegradabile polimerica fatta a partire dall’amido di mais oppure dall’amido di canna da zucchero. La sua produzione avviene attraverso un repentino processo di riscaldamento della sostanza vegetale fino ad oltre 200 gradi Celsius, seguito da un lento processo di raffreddamento. Il risultato è una bioplastica che vanta un’alta resistenza al calore e all’umidità, che ne fa così una valida sostituita della plastica standard. E non è tutto qui: questo peculiare processo di produzione elimina la necessità di solventi chimici e di altri interventi costosi e non del tutto sostenibili a livelli ambientale. Oltre ad essere resistente, dunque, questa plastica biodegradabile sembra avere tutte le carte in regola per essere altamente sostenibile ed economicamente conveniente.
Il Polimero PLLA
Il tutto è basato su un particolare polimero vegetale, il PLLA, che secondo Yang può essere senz’altro la soluzione perfetta per eliminare dalla nostra società il consumo di plastica inquinante: «trovare delle fonti sostenibili per la produzione ecologica di materiali biodegradabili è di certo una delle migliori soluzioni da opporre ai problemi che stiamo affrontando a livello ambientale».
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