Piantare alberi per contenere i cambiamenti climatici: il problema dei vivai
Assorbire le emissioni di anidride carbonica è essenziale per contenere il surriscaldamento globale entro la soglia degli 1,5 gradi centigradi. Questo è noto ormai da tempo, ed è per questo che è fondamentale mettere in campo quante più attività per togliere diossido di carbonio dall’atmosfera: si parla quindi di dispositivi per risucchiare la CO2, di macchinari in grado di abbassare il livello di carbonio nell’acqua degli oceani nonché ovviamente di attività di rimboschimento. E in effetti già da anni si punta molto proprio sui progetti di riforestazione, i quali però presentano alcuni ostacoli che non possono essere tracurati: piantare alberi è una buona soluzione, ma le criticità non sono poche.
Riforestazione: le politiche in campo
Diversi paesi hanno già avviato delle attività su larga scala per piantare alberi in grandissime quantità. Un esempio arriva per esempi dagli Stati Uniti, dove nel 2021 è stato firmato un decreto per piantare mille miliardi di alberi entro il 2030. Anche in Italia stiamo lavorando per la riforestazione. Nel 2022 per esempio il target annuale era stato fissato a 1 milione 650 mila alberi, obiettivo che è stato raggiunto, soddisfando così quanto previsto nell’ambito del finanziamento del PNRR per quanto riguarda la riforestazione urbana.
Piantare alberi per combattere i cambiamenti climatici: perché si dovrebbe fare di più
Insomma, le attività di riforestazione sono in atto in diversi angoli del pianeta. Non è però scontato che queste attività risultino sufficienti, anzi. Al di là dei processi di deforestazione che sono ancora in atto, come per esempio nella foresta Amazzonica, sono da mettere in conto tutti gli ettari di foreste che vengono distrutti da incendi. Basti per esempio pensare ai grandissimi incendi che hanno colpito gli Stati Uniti occidentali pochi anni fa. E va inoltre tenuto conto che proprio questi fenomeni, con l’avanzare dei cambiamenti climatici saranno sempre più frequenti. Per tutti questi motivi sarebbe dunque fondamentale accelerare e moltiplicare in modo significativo le attività di rimboschimento in atto, così da poter effettivamente rispettare gli obiettivi predefiniti.
Rimboschimento: il problema dei vivai
Il rimboschimento, va detto, non si limita alla sola attività di piantare alberi. È necessario infatti assicurarsi che le nuove piante crescano, con una gestione e una protezione continua delle nuove foreste. Come spiegato sulle pagine del National Geographic da Greg Edge, ecologista forestale presso la Divisione selvicoltura del Wisconsin Department of Natural Resources, «non si tratta solo di piantare alberi. È indispensabile farlo con cognizione di causa e nel modo giusto; non si può semplicemente credere di tornare dopo 100 anni e trovare una foresta». Il rischio è quindi quello di sprecare germogli e terreno per piante che poi non cresceranno.
E ancora prima, a monte, è obbligatorio assicurarsi una quota sufficiente di germogli, e quindi di giovani piantine da piantare nei futuri boschi. Qui i problemi rilevati sono molti e diversi, a partire dalla difficoltà di individuare forza lavoro da impiegare nei vivai. Gli addetti devono infatti essere correttamente formati per conoscere e prevedere i tempi di rilascio dei semi delle diverse specie, per sapere come pulire i semi senza ridurne l’efficacia, per sapere come conservarli, e via dicendo. Va poi detto che le difficoltà di reclutamento sono aumentate anche dalla posizione dei vivai stessi, i quali si trovano spesso molto lontani dalle città.
Non va dimenticato il fatto che quello dei vivai è un business tutt’altro che facile. Chi vuole avviare un’attività è di questo tipo sa che che saranno necessario investimenti importanti per creare il sito di produzione, per acquistare terreni e fertilizzanti, il tutto con la certezza che nei primi anni i guadagni saranno nulli o bassissimi.
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