Pellicole biodegradabili di fondi di caffè
Sul fatto che ci sia la necessità di ripensare il concetto stesso di packaging non ci dovrebbero essere davvero dubbi. Basti un dato su tutti: in Europa il 59% dei rifiuti di plastica, in termini di peso, è rappresentato proprio dal packaging. Le pellicole che proteggono carne, pesce, frutta e verdura al supermercato, i blister con cui sono confezionati i più diversi prodotti, i vassoietti plastici, i sacchetti, le buste, tutti questi oggetti costituiscono una enorme forma di inquinamento, spesso peraltro del tutto insensata. Si pensi per esempio al caso estremo della frutta già lavata, sbucciata e affettata e successivamente impacchettata, o ancora peggio alle “uova salva tempo” cotte, sbucciate e avvolte in pellicole di plastica. Quello dell’overpackaging è un problema serio, che può essere combattuto in due modi paralleli: da una parte, eliminando tutte quelle confezioni che risultano inutili o superflue, dall’altra sostituendo i materiali usati per produrre le confezioni, così da avere cioè un packaging più sostenibile. E di certo negli ultimi anni è stato un fiorire di proposte di nuovi materiali bioplastici, pensati cioè per sostituire la plastica “inquinante” con una plastica amica dell’ambiente. Tante volte queste proposte si sono fermate in laboratorio, senza fare il grande salto verso la distribuzione commerciale. Talvolta però ci si imbatte in soluzioni che sembrano avere le carte giuste per fare la differenza: è il caso per esempio delle pellicole biodegradabili di fondi di caffè.
I fondi di caffè come materia prima seconda
Secondo WorldAtlas, in Finlandia si consumano 12 chilogrammi di caffè pro capite ogni anno; si parla invece di 9,9 chilogrammi per la Norvegia, di 9 per l’Islanda, di 8,7 per la Danimarca, di 8,4 per i Paesi Bassi. In Italia si parla “solo” di 5,9 chili, con il nostro Paese che si piazza così al 13° posto a livello mondiale. A livello complessivo, si stima che gli umani bevano oltre 2 miliardi di tazze di caffè al giorno, così da produrre globalmente più di 8 milioni di tonnellate di fondi di caffè ogni anno. Si capisce quindi che proprio questi ultimi possono diventare un’ottima materia prima seconda, sapendo peraltro che possono essere utilizzati nei più diversi modi: per concimare l’orto, per degli scrub alla pelle, per eliminare le incrostazioni dalle pentole, per eliminare i cattivi odori dal frigo, e via dicendo. E c’è anche chi ha iniziato a utilizzare i fondi di caffè come base per creare una originale bioplastica, impiegata peraltro proprio per produrre delle tazzine per caffè: è questo il caso di CoffeeFrom, della cooperativa sociale milanese Il Giardinone. Adesso c’è per l’appunto uno studio che propone la possibilità di creare delle pellicole biodegradabili di fondi di caffè, con vantaggi potenziali sia ambientali che economici.
Le pellicole biodegradabili con fondi di caffè
Lo studio sulle pellicole biodegradabili realizzate con fondi di caffè è stato portato avanti presso la Dakota State University dal professore Srinivas Janaswamy, ed è stato pubblicato sulla rivista Journal of Biological Macromolecules. Lo studioso ha ipotizzato nel tempo diverse pellicole biodegradabili, facendo per esempio esperimenti con scarti alimentari come stocchi di mais e bucce di avocado. I migliori risultati sarebbero però arrivati proprio con i fondi di caffè, i quali contano buone quantità di fibre lignocellulosiche, ideali per realizzare delle pellicole sottili e resistenti. Diventa così possibile creare dei film dai fondi di caffè, per avere sia un‘alta resistenza alla trazione, sia una veloce biodegradabilità: si parla di soli 45 giorni nel terreno. Nello studio si sottolineano due ulteriori caratteristiche positive delle pellicole biodegradabili con fondi di caffè, ovvero le proprietà antiossidanti e la capacità di schermare i raggi UV; questi punti forti suggeriscono potenziali interessanti utilizzi per questi film biodegradabili.
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