Patrimonio immobiliare italiano: verso un futuro più sostenibile
Secondo i dati riportati dall’Istat nel 2015, il valore delle principali attività non finanziarie detenute dalle famiglie, dalle società e dalle amministrazioni pubbliche ammontava a 9.600 miliardi di euro. Di questi, l’88% è costituito da immobili. Quelli residenziali pesano per circa il 62%, quelli non residenziali per il 26%.
Ma il valore di questo ingente patrimonio immobiliare del nostro Paese rischia di andare in fumo a causa della sua inadeguatezza ai criteri di sostenibilità ed efficienza energetica. Thomas Miorin, co-founder di REbuild Italia, puntualizza: “Il patrimonio immobiliare italiano è il secondo più vecchio al mondo dopo quello tedesco. Il 76% delle case delle nostre città hanno più di 40 anni, quindi necessitano non solo di una riqualificazione architettonica, estetica e funzionale, ma anche strutturale. Quasi il 90% delle nostre case sono oltre la classe D”.
La fotografia del patrimonio immobiliare italiano
Il numero di immobili o loro porzioni censito negli archivi catastali italiani al 31 dicembre 2015 è pari a 73,9 milioni di euro, con un aumento dello 0,6% rispetto al 2014. Di questi, circa 64,2 milioni sono classificate nelle categorie catastali ordinarie (gruppi A, B e C) e speciali (gruppo D), con attribuzione di rendita, oltre 3 milioni sono censite nelle categorie catastali del gruppo F, che rappresentano unità non idonee a produrre reddito, e oltre 6 milioni sono beni comuni non censibili (unità di proprietà comune e che non producono reddito).
Nel 2015 il numero delle abitazioni è cresciuto di 80 mila unità rispetto all’anno precedente, raggiungendo quota 34,8 milioni. A crescere per lo più le abitazioni civili (0,7%), di tipo economico (0,4%) nonché ville e villini (0,9%). Sono calate, invece, di circa l’1% le abitazioni signorili e le abitazioni popolari e di circa il 4% le abitazioni di tipo ultrapopolare e rurale. Quasi il 92% del totale delle abitazioni è di proprietà delle persone fisiche e la superficie media risulta pari a 117 metri quadri. La rendita complessiva delle abitazioni è di 16,8 miliardi di euro, per una media per abitazione di circa 480 euro. Ma cosa succederebbe se la mancata riqualificazione degli immobili facesse scendere questa cifra?
Verso un’economia immobiliare low-carbon
“È evidente la necessità di rimettere mano subito a questo patrimonio. Noi di REbuild abbiamo calcolato che il tasso d’intervento dovrebbe essere di una casa al minuto“, continua Miorin. Del resto l’Unione Europea ha premuto l’acceleratore sugli obiettivi comuni da raggiungere in questo campo. Per ottenere un’economia europea low-carbon entro il 2050, con una riduzione delle emissioni di gas serra dell’80%, REbuild ha calcolato che in campo edilizio sarebbe necessario riqualificare una casa al minuto. Raggiungere il traguardo auspicato dalla Commissione Europea nell’Energy Roadmap 2050 significa ripensare le tecnologie, la filiera e i processi finanziari e amministrativi del settore edilizio.
“Il settore dell’edilizia ha difficoltà a rispondere a questa sfida”, osserva Miorin. “Se guardiamo al tasso di produttività, che significa l’efficienza con cui un settore trasforma i suoi elementi in valore, in prodotto finito, e confrontiamo l’edilizia con la manifattura, vediamo che la curva della produttività dell’edilizia è ferma. Negli ultimi 20 anni è aumentata dello 0,5%. Quella della manifattura è più che raddoppiata. Negli ultimi sei anni il settore dell’auto ha incrementato la produzione del 35%. È chiaro che nell’edilizia è necessaria un’accelerazione disruptive”, di rottura.
“Per questo, la tecnologia gioca un ruolo centrale nel permettere all’edilizia di affrontare la sfida della riqualificazione del nostro patrimonio immobiliare”, conclude Miorin.
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