Tutti contro le pale eoliche: le potenzialità dell’offshore
Ci serve, non possiamo farne a meno, e anzi la sua costruzione è già in grande ritardo: il Deposito nazionale dei rifiuti radioattivi, però, non lo vuole ospitare quasi nessuno. Ma non è certo questa la sola struttura assolutamente necessaria ma al tempo stesso osteggiata a livello locale. Nossignore, se la radioattività delle scorie è molto temuta, altrettanta ritrosia si trova spesso per qualcosa di decisamente meno pericoloso, ma di certo molto impattante dal punto di vista paesaggistico. Parliamo ovviamente delle grandi pale eoliche di quelle turbine che, insieme ai pannelli fotovoltaici, costituiscono degli strumenti chiave per la transizione energetica. E se non ci sono dubbi sulla necessità di costruire tanti parchi eolici in Italia, allo stesso tempo è vero che praticamente nessuno vuole vedere le pale eoliche nel proprio orizzonte, sulle colline vicino a casa o sulle amate montagne. Ecco che allora si moltiplicano i comitati che si battono contro i progetti eolici: in questi giorni si sta per esempio “combattendo” contro la costruzione di un impianto eolico in Mugello, come anche contro l’erezione di 20 pale eoliche da 209 metri in Val Borbera, tra Lombardia, Piemonte, Liguria ed Emilia-Romagna.
Le pale eoliche in mare: la situazione in Italia
Molto spesso chi contrasta questi progetti si dichiara a favore delle rinnovabili e persino dell’eolico. Semplicemente lo si vuole lontano: le pale eoliche dovrebbero essere costruite in aree più urbanizzate, meno fragili, meno importanti dal punto di vista paesaggistico e turistico. Sapendo peraltro che per costruire dei parchi eolici “in mezzo al nulla” è spesso necessario costruire strade ad hoc, spesso lunghe molti chilometri, a modificare ulteriormente il paesaggio. Ecco che allora, se proprio di pale eoliche si deve parlare, risultano doppiamente affascinanti quelle offshore, installate cioè in mare, lontano dalla costa e dagli occhi. Il primo parco eolico offshore italiano è stato inaugurato l’anno scorso nel Mar Ionio, a largo di Taranto, con una capacità di 30 MW. Per ora questo è l’unico impianto offshore attivo in Italia, pur sapendo che il nostro Paese parla di un potenziale complessivo superiore ai 200 GW. Certo, progetti in attesa di passare dalla carta alla realtà non ne mancano, pur sapendo che – per farsi un’idea delle tempistiche – il progetto di Taranto ha richiesto un iter di ben 14 anni prima di diventare una realtà operativa.
Anev: 10 GW di eolico offshore in 10 anni
È noto che il Piano Nazionale Integrato Energia e Clima (PNIEC) punta a raggiungere i 2,1 GW di eolico offshore entro il 2030. C’è però chi, quanto a pale eoliche galleggianti, ha obiettivi ben più grandi. Anev, l’associazione delle imprese dell’eolico, punta infatti a raggiungere il target di 10 GW nel giro di 10 anni, obiettivo che “è nelle potenzialità italiane”. Attualmente in Italia si contano domande di autorizzazione di parchi eolici offshore pari a 110 gigawatt; al 30 settembre 2023, le richieste di connessione alla rete Terna ammontavano a ben 89,91 GW. Come ha spiegato all’Ansa Simone Togni, presidente dell’ANEV, «per una maturità serve un quadro normativo stabile, ecco perché come Anev portiamo avanti su tutti i tavoli ministeriali la necessità di arrivare ad avere l’emanazione dei provvedimenti come il Fer 2 atteso da troppo tempo» sottolineando poi che gli impianti flottanti rappresentano una tecnologia innovativa, «la base di un percorso di crescita per il nostro Paese». Di certo anche nel caso delle pale eoliche è necessario trovare la posizione giusta, nonché scendere necessariamente a dei compromessi. Non nelle vicinanze delle rotte commerciali, non nelle vicinanze delle aree marine protette, lì dove il vento soffia forte e regolare.
Ti è piaciuto l'articolo?
Condividilo