Paesi off-grid a rinnovabili, il Giappone inaugura la rivoluzione. E gli altri?
Le tragedie possono insegnare. È forse questo l’unico aspetto positivo dei disastri, quando diventano occasione di cambiamento, una spinta a mettere in atto strategie che invertono la rotta fino a quel momento seguita e che si è rivelata letale. Il Giappone ha forse imparato la lezione. E a partire dal disastro di Fukushima del 2011 sta cercando non solo di riedificare tutto ciò che è stato spazzato via dal terremoto-tsunami ma soprattutto di investire in un modello energetico alternativo a quello basato sul nucleare. Uno sforzo che potrebbe trasformare il Giappone in uno dei primi paesi off-grid al mondo, grazie alle rinnovabili.
In Giappone le basi per una rivoluzione energetica off-grid
A scattare una fotografia della rivoluzione energetica in atto è la Reuters, che ha raccolto alcune testimonianze delle principali città devastate dalla tragedia e che hanno scelto di abbandonare il tradizionale sistema di approvvigionamento e di gestione dell’energia, basato su impianti centralizzati e su fonti fossili, per sviluppare un modello off-grid, di generazione distribuita e basata su energia pulita.
Il caso della città di Higashi Matsushima
L’esperienza più significativa è quella di Higashi Matsushima che nel 2011 ha registrato perdite importanti: oltre 1000 abitanti e tre quarti degli edifici. La ricostruzione ha previsto investimenti, resi possibili grazie al “National Resilience Program“, un programma di fondi governativi pari a 33,32 mld di dollari destinati alle opere di riedificazione strutturale e infrastrutturale in un’ottica di resilienza, per la realizzazione di micro-reti alimentate a rinnovabili. La decentralizzazione ha consentito di creare un sistema autosufficiente che garantisce alla popolazione di soddisfare attualmente il 25% del fabbisogno energetico.
I vantaggi delle micro-reti a rinnovabili
“Al momento del terremoto- racconta Yusuke Atsumi, responsabile della HOPE, l’utility municipale che gestisce la produzione e distribuzione energetica locale- non siamo riusciti a garantire l’accesso all’elettricità e abbiamo dovuto affrontare delle difficoltà incredibili. Con un sistema di alimentazione centralizzato e su larga scala un black-out può provocare un’interruzione di corrente diffuso. Questo non avviene in caso di impianto basato su micro-reti di distribuzione indipendenti”.
Una strategia di gestione dell’emergenza diventa un modello green
E’ così che quello che inizialmente era stato sviluppato come una strategia emergenziale è diventato un modello sul quale la città di Higashi Matsushima ha scelto di investire in modo definitivo. In questi anni sono stati realizzati reti indipendenti, infrastrutture intelligenti, impianti solari e batterie per l’accumulo.
Da stimolo a tanti progetti off-grid
Higashi Matsushima è stata forse la prima a sviluppare un sistema complesso e completo in un’ottica di paesi off-grid e probabilmente i risultati raggiunti hanno spinto altre realtà a seguire il suo esempio. Fatto sta che il “National Resilience Program” che inizialmente era stato interpretato anche come un fondo per poter creare dei sistemi di back-up per i centri urbani devastati dal terremoto, ha di fatto stimolato una serie di progetti off-grid basati sull’utilizzo esclusivo di fonti rinnovabili e micro-reti intelligenti.
Il Giappone finalmente investe nelle rinnovabili
Il risultato è infatti che il Giappone ha scelto di prorogare delle forme di incentivi che stanno portando alla realizzazione in vari distretti urbani di impianti di generazione distribuita su piccola scala e di sistemi di Smart Energy che consentono una gestione intelligente dell’elettricità ricavata da rinnovabili per alimentare elettrodomestici e dispositivi domestici. Se le cose continueranno ad andare come stanno andando, il Giappone diventerà uno dei primi paesi off-grid del mondo.
Paesi off-grid: a che punto siamo?
E nel resto del mondo cosa succede? La distruzione non può certamente essere l’unica spinta per pensare di immaginare uno scenario di paesi off-grid che investano in fonti energetiche pulite. In questo caso però la strada è in salita, perché serve un ripensamento di un modello consolidato e forti investimenti in sistemi infrastrutturali intelligenti. Bisognerebbe però guardare a lungo termine. Perché se è vero che per realizzare sistemi off-grid è necessario affrontare una spesa iniziale sicuramente consistente è anche vero che nel tempo questo sforzo è ripagato dalla possibilità di smettere di acquistare energia. Parliamo chiaramente di modelli off-grid alimentati a energia rinnovabile.
L’eco-villaggio olandese ReGen ci prova sul serio
Attualmente non sono molte le realtà che hanno scelto di mettere in atto quella che potrebbe essere definita una rivoluzione energetica. Fra queste, non possiamo non citare l’eco-villaggio ReGen, nato ad Almere, una cittadina alle porte di Amsterdam, che sta mettendo in atto un modello che punta alla totale autosufficienza, anche e soprattutto energetica.
Un agglomerato urbano totalmente autosufficiente
Per autoalimentarsi ReGen sfrutta un mix energetico che viene da impianti geotermici, solari, eolici e a biomassa. L’energia ricavata viene distribuita in base alle necessità grazie a dei sistemi di micro-reti off grid. L’autosufficienza dell’eco-villaggio non è chiaramente soltanto energetica ma prevede lo sviluppo di un modello a 360° dove anche la produzione alimentare e la gestione dei rifiuti, in un’ottica di riciclo, viene gestita localmente, mettendo in atto un ciclo virtuoso.
Da prototipi a realtà: a quando il passaggio?
ReGen è un esperimento, che probabilmente verrà replicato in Svezia, Norvegia, Danimarca e Germania. Ma abbiamo bisogno di abbandonare i prototipi e le sperimentazioni e iniziare a investire, a livello nazionale o locale, in modelli energetici alternativi che possano portare a uno scenario dove i paesi off-grid alimentati a rinnovabili possano essere la norma e non più un’eccezione.
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