I paesi europei senza carbone
Quali sono i paesi europei senza carbone? Come è noto, la COP26 di Glasgow è stata indebolita proprio dalla disputa sul carbone. Il Glasgow Climate Pact è infatti stato annacquato all’ultimo minuto da una richiesta – o meglio, da un’imposizione – dell’India, la quale ha portato ad ammorbidire di parecchi la presa di posizione nei confronti dello sfruttamento del carbone.
Di fatto, se prima negli accordi si parlava di eliminazione di questo combustibile – il maggiore responsabile per le emissioni di gas serra – ora si parla soltanto di una riduzione progressiva. La differenza può sembrare sottile, ma è presente, e si farà sentire negli anni a venire.
La decarbonizzazione è comunque un processo in corso, e sono tanti i paesi che, lentamente – troppo lentamente, purtroppo – si stanno affrancando dal carbone. Proprio in questi giorni, per esempio, il Portogallo ha chiuso la sua ultima centrale a carbone, diventando il quarto paese europeo senza carbone.
I 4 paesi europei senza carbone
L’evento che ha segnato simbolicamente l’abbandono portoghese del carbone è stata la chiusura di una centrale situata a Pego, a circa 150 chilometri di strada dal Lisbona. In realtà, va sottolineato, questa centrale sarebbe potuta restare accesa fino alla fine di novembre, ma ha deciso di chiudere con una decina di giorni d’anticipo, avendo terminato tutte le proprie scorte di combustibile.
La centrale di Pego – la seconda più inquinante del Portogallo, dopo quella di Sines, chiusa in gennaio – produceva da sola il 4% delle emissioni nazionali di gas serra. Ora nel Paese non viene più bruciato da nessuna parte carbone per produrre elettricità, passaggio non particolarmente difficoltoso, partendo dal presupposto che il Portogallo non possiede giacimenti di carbone, né peraltro di petrolio o di gas. Ora l’elettricità del Paese verrà prodotta sfruttando fonti rinnovabili in modo crescente, nonché gas, anche questo importato.
Il Portogallo è il quarto tra i paesi europei senza carbone: prima di lui avevano effettuato questo passo il Belgio, l’Austria e la Svezia, spegnendo una dopo l’altra le proprie centrali a carbone.
E in Italia, come siamo messi quanto a decarbonizzazione?
Decarbonizzazione: ecco le ultime centrali a carbone in Italia
In Italia a regolare il processo di decarbonizzazione è un piano firmato nel 2019, ovvero il Piano nazionale integrato per l’energia e il clima (PNIEC). Qui si legge che entro il 2025 tutte le centrali termoelettriche italiane devono essere spente e dismesse, oppure, in alternativa, convertite in centrali a gas naturale, meno inquinanti. A due anni da questa decisione, nel nostro paese si contano ancora 7 centrali carbone funzionanti. Due sono in Sardegna, le altre sono in Puglia, nel Lazio, in Liguria, in Veneto in Friuli Venezia Giulia.
Certo, negli ultimi anni sono stati fatti dei passi avanti: basti dire che nell’ultimo decennio la percentuale di elettricità prodotta da centrali termoelettriche è stata dimezzata. Ancora oggi, però, il 6% dell’energia elettrica che utilizziamo in Italia è prodotta dal carbone. In Europa c’è chi fa di peggio, a partire dalla Polonia, che si appoggia al carbone per il 70% del fabbisogno, e dalla Germania, con il 24%.
Per ora non sono ancora state fissate delle date esatte per la dismissione o per la conversione di queste centrali, 5 delle quali gestite da Enel, mentre le altre due sono gestite dalla A2A (la centrale di Monfalcone, nella provincia di Gorizia) e dalla EP Produzione (la centrale di Fiume Santo, nella provincia di Sassari).
Va però detto che Enel ha chiesto a degli architetti di lavorare al rifacimento delle vecchie centrali, per trasformarle in luoghi in cui produrre energia sfruttando gas, sole e vento.
Ti è piaciuto l'articolo?
Condividilo