Come le ondate di calore minacciano la sicurezza alimentare
Lunedì 3 luglio 2023 è stato indicato come il giorno più caldo mai registrato a livello mondiale, stando ai calcoli effettuati dall’US National Centers for Environmental Prediction. La temperatura media globale ha infatti raggiunto i 17.01 gradi centigradi, sorpassando il precedente record dell’agosto del 2016, quando era stata registrata una temperatura media di 16.92 gradi. E che le temperature siano impazzite lo sappiamo bene in Italia e più in generale in Europa, dove stiamo affrontando la morsa di Caronte. Abbiamo già parlato di come le temperature estreme influenzano negativamente la salute, aumentando tra le altre cose le morti: oggi vedremo invece come le ondate di calore minacciano la sicurezza alimentare a livello globale.
Le ondate di calore minacciano la sicurezza alimentare globale: i rischi
La quasi totalità delle persone non ha alcuna idea di quanto i cambiamenti climatici stiano già mettendo a rischio la produzione alimentare. Del resto, come rendersi conto di quanto le ondate di calore minacciano la sicurezza alimentare, quando il rapporto con la filiera alimentare si esaurisce nel fare i propri acquisti in fornitissimi supermercati? Basterebbe però chiedere a qualsiasi agricoltore, di qualsiasi latitudine, per sapere che sì, ci sono già stati impatti concreti sulle coltivazioni. Per via della siccità, degli eventi meteorologici estremi e sì, anche delle ondate di calore. E se è vero che le ondate di calore stanno colpendo non solo l’Europa, ma anche gli Stati Uniti e la Cina, è vero anche che il nostro sistema alimentare è ormai internazionale, anzi, globale. Ce lo ricorda attraverso le pagine del Guardian anche John Marsham, professore di scienze atmosferiche della University of Leeds, spiegando che «sono in aumento i rischi di gravi perdite di raccolto simultanee in diverse regioni del mondo, che influiranno concretamente sia sulla disponibilità che sui prezzi del cibo. Per ora non lo stiamo ancora notando, ma è una delle cose do cui ho molta paura guardando ai prossimi decenni». Di fronte alle ondate di calore, gli umani benestanti possono accendere l’aria condizionata, e fare così finta che il problema non esista: questa opzione non esiste però per le popolazioni più povere, né per gli animali, né ovviamente per le piante, nemmeno per quelle della nostra filiera alimentare. Pensando al fatto che entro il 2040 le ondate di calore diventeranno 12 volte più frequenti rispetto al periodo di “normalità” precedente i cambiamenti climatici, è evidente quanto la minaccia per la sicurezza alimentare possa essere importante.
Le ondate di calore e gli oceani
Va peraltro sottolineato che, parlando di quanto le ondate di calore stanno minacciano la sicurezza alimentare globale, non si dovrebbe pensare unicamente dei campi coltivati. Le temperature estreme stanno colpendo infatti anche le enormi superfici d’acqua del pianeta, con conseguente importanti anche per li oceani. È stato per esempio ipotizzato che le ondate di calore indicate come “head dome” che hanno colpito le coste canadesi nel 2021 abbiano causato la morte di 1 miliardo di animali marini. Noi possiamo vedere le piante che faticano a crescere per mancanza di acqua, le coltivazioni che arrancano per le temperature estreme, ma non vediamo quello che sta accadendo nei mari e negli oceani, dove – come l’ha definita Daniela Schmidt, processoressa di scienze della terra della University of Bristol – c’è una “morte silenziosa”. I danni sono peggiori in quegli oceani in cui solitamente la temperatura è costante, come nel caso delle acque tropicali: è sufficiente un surriscaldamento di 2 gradi centigradi, si stima, per eliminare completamente le barriere coralline tropicali. Le quali, vantando la più alta biodiveristà di qualsiasi altro ecosistema mondiale, supportano tra le altre cose 500 milioni di persone, per lo più in Paesi poveri.
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