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Il ritorno del nucleare in Italia: i piani del governo

Due giorni segnarono la fine dell’era del nucleare in Italia: l’8 e il 9 novembre 1987 nel nostro Paese si votò per cinque referendum, e tre di questi erano dedicati al nucleare. Come conseguenza diretta, le tre centrali nucleari attive nel Paese (quella di Garigliano di Sessa Aurunca era già stata disattivata cinque anni prima) vennero spente. Tutto questo avvenne, per dire, un anno e mezzo dopo del disastro di Černobyl.

Nel 2024, 37 anni dopo, si presenta sempre più probabile e vicino il ritorno del nucleare in Italia. Va detto che questo tema non è tornato d’attualità solamente nel nostro Paese: va infatti detto che è stata la stessa l’Unione Europea a inserire nella tassonomia verde per la transizione energetica anche il nucleare di nuova generazione, spinta in primo luogo dalla Francia. La quale è a mani basse la principale produttrice di energia nucleare in Europa, seguita a lunga distanza da Spagna, Svezia, Belgio, Germania, Repubblica Ceca, Finlandia, Bulgaria, Slovacchia, Ungheria, Romania, Slovenia e Paesi Bassi.


Il PNIEC anticiperà il ritorno del nucleare in Italia

Del fatto che si tornerà al nucleare in Italia si parla ormai da diverso tempo, con il governo Meloni che ora sembra pronto a fare il passo decisivo: in una recente intervista a Il Foglio, il ministro dell’Ambiente e della sicurezza energetica Gilberto Pichetto Fratin ha infatti dichiarato che l’energia nucleare verrà inclusa nell’aggiornamento del Piano nazionale integrato energia e clima (Pniec). Fratin ha parlato di una scelta “obbligata”. Vale la pena a questo punto ricordare cos’è il Pniec: si tratta di un documento strategico e programmatico che indica gli obiettivi climatici ed energetici del Paese al 2030, illustrando inoltre i percorsi che si seguiranno quanto a fonti rinnovabili ed efficienza energetica. Attualmente il nostro Paese consuma in tutto 305 terawattora all’anno di energia elettrica; a metà secolo, calcolando la necessaria elettrificazione per lasciarsi alle spalle i combustibili fossili, si stima un consumo elettrico più che doppio (intorno ai 700 terawattora). Stando alle previsioni del governo, con le sole rinnovabili “classiche”, non sarà possibile soddisfare questo fabbisogno. Da qui allora la scelta di reinserire il nucleare in Italia.

Il nucleare di nuova generazione

Il ministro Fratin ha sottolineato che non si parla e non si parlerà delle grandi centrali del passato, quanto invece di nucleare di nuova generazione, anche detto modulare. Vale la pena spiegare che con il termine “nucleare di nuova generazione” si indica il nucleare di IV generazione, attualmente ancora in fase di sviluppo; questa nuova tecnologia promette una migliore efficienza degli impianti produttivi, associata a una maggiore sostenibilità delle tecnologie nucleari. L’obiettivo è avere una produzione a basso costo e a basso impatto ambientale, nonché sicura.

I dubbi

Un sondaggio condotto di recente da Swg ha dimostrato che il 51% degli italiani sarebbe pronto a votare a favore della costruzione di centrali nucleari di nuova generazione. Va però sottolineato che la piattaforma nazionale per un nucleare sostenibile non presenta ad oggi una roadmap definitiva. E ancora, e più importante, non bisogna dimenticare che non è ancora stato individuato il sito per la costruzione del deposito nazionale di scorie radioattive, e che quindi ad oggi non esiste in Italia un luogo sicuro pensato per conservare i rifiuti radioattivi già prodotti in passato. Infine vanno tenuti in alta considerazione gli studi che dimostrano che il nucleare – anche di ultima generazione – non conviene, è costoso e pericoloso. Da questo punto di vista, attardarsi sul nucleare – oltre a essere rischioso – potrebbe voler dire distogliere l’attenzione dal percorso più efficace e sicuro, ovvero lo sviluppo ulteriore delle rinnovabili come fotovoltaico ed eolico.