Alcuni attivisti di Greenpeace mostrano un cartello contro la pesca del tonno (foto: greenwire.greenpeace.org)
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Quello che non volevamo sapere sulla pesca del tonno

PRIMA DELLE SCATOLETTE. Il tonno lo mettiamo un po’ ovunque: dalle insalate ai panini, dalla pizza alla pasta. È buono, è comodo, e averne una piccola scorta in dispensa significa avere pasti soddisfacenti e veloci assicurati. Probabilmente è proprio per questa estrema popolarità del tonno in scatola che la moltitudine di bassezze compiute durante la pesca del tonno vengono in qualche modo messe in sordina. C’è però chi continua ad interessarsi a queste problematiche, cercando di ricordare ai consumatori da dove proviene e come arriva sulle nostre tavole quel tonno soffice e tanto buono. Con una serie di video-interviste ai pescatori di tonno, Greenpeace torna a ricordarci come spesso le violazioni dei diritti dell’uomo siano strettamente collegate ad altrettanti reati nei confronti della natura.

IL LATO OSCURO DELL’INDUSTRIA DEL TONNO. L’industria del tonno esce devastata dalle interviste che Greenpeace ha messo online. Ex-pescatori o pescatori ancora in attività, i cui volti sono stati volutamente oscurati, raccontano le loro testimonianze riguardanti il mondo della pesca del tonno, narrando terribili violazioni dei diritti umani. Le condizioni lavorative descritte sono orrende, condite da violenze gratuite e privazioni di cibo o di riposo. Si va dal pescatore che racconta di un collega rinchiuso in una cella freezer, con la conseguente amputazione delle dita per congelamento, o ancora di arti rotti per punizione, persino di omicidi in alto mare.

DISASTRI AMBIENTALI E ABUSI DEI DIRITTI UMANI. In questo turbine di violenza e omertà si situano ovviamente anche i marchi più famosi del tonno in scatola, che ovviamente cercano di tenere all’oscuro tutte le vicende che precedono l’effettivo inscatolamento della merce. E come sottolinea Greenpeace, «gli stessi operatori che hanno poco rispetto per le leggi sul lavoro spesso dimostrano anche scarsissimo riguardo per le regole di gestione della pesca, usando metodi che, oltre a contribuire pesantemente all’esaurimento degli stock di tonno a livello mondiale, uccidono un gran numero di squali, razze e tartarughe marine». Insomma, la richiesta di Greenpeace è chiara: l’industria del tonno deve finalmente fare chiarezza sui propri metodi di lavoro, impegnandosi concretamente per evitare la distruzione finale dell’ecosistema marino in cui essa opera e mettendo fine alle condizioni che rasentano la schiavitù dei propri pescatori.

Ecco i 5 video di Greenpeace che raccontano gli aspetti più terribili della pesca del tonno: