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Non litio, non grafene: uno studio dice che le batterie alla canapa sono le migliori

Il mercato delle automobili elettriche è in continua crescita. Ci sono paesi in cui ormai le e-car sono la normalità. Si pensi alla Norvegia, dove nel 2020 le automobili elettriche hanno conquistato il 54,3% del mercato. In Italia siamo ancora molto lontani da questi numeri, anche se sappiamo che il comparto è in fortissima crescita, con un iperbolico incremento di immatricolazioni nel 2020 pari al 753% rispetto al 2019.

A frenare la maggior parte delle persone è, ancora oggi, il prezzo leggermente più alto dei modelli elettrici, fattore che incide non poco sulla scelta dei più, che continuano quindi a optare per veicoli benzina o diesel.

Di certo i prezzi sono destinati a scendere ulteriormente, e c’è chi sta lavorando per rendere estremamente meno costose le batterie di questi veicoli. Un nome da segnarsi, in questo senso, è quello di David Mitlin, che da quasi dieci anni studia le potenzialità delle batterie alla canapa.

David Mitlin e le batterie alla canapa

Come è noto le attuali batterie delle automobili elettriche sono al litio. C’è chi sta ipotizzando, per il futuro, delle batterie realizzate con del grafene, tra i materiali più promettenti del secolo.

L’azienda tedesca Skeleton Technologies, per esempio, sta lavorando a una batteria al grafene per veicoli elettrici in grado di caricarsi completamente in 15 secondi. Perché sì, anche il tempo di ricarica è un punto a sfavore dei veicoli elettrici. Il grafene, però, è un materiale molto costoso, che renderebbe – per come sono adesso le cose – l’acquisto di un’automobile elettrica decisamente dispendioso.

Non stupisce quindi che a qualcuno sia venuta in mente l’idea di guardare in direzione totalmente opposta. Parliamo del già citato David Mitlin, un ingegnere della Clarkson University che negli ultimi anni, insieme al proprio team, a condotto diversi studi sull’utilizzo della canapa per la creazione di accumulatori di energia elettrica. Mitlin negli anni ha preso in considerazione diversi nanomateriali di origine vegetale – in particolare rifiuti organici – per la creazione di batterie a basso costo, ipotizzando per esempio anche l’uso delle bucce di banana.

Mitlin ha concentrato la sua atttenzione sugli scarti della canapa, ovvero sulla corteccia. Qui si trova infatti una fibra composta da strati di diverse sostanze, quali cellulosa cristallina, emicellulosa e lignina. E proprio da questa corteccia il team di Mitlin parte per creare dei nanomateriali che presentino caratteristiche simili a quelle del grafene, attraverso una cottura di 24 ore a 180 gradi centigradi. Il risultato sono dei sottili pannelli porosi, i quali possono essere utilizzati in innovativi supercondensatori.

Uno degli ultimi studi di Mitlin è stato pubblicato sulla rivista scientifica ACS Nano, dove si legge che i risultati finali dei condensatori alla canapa sarebbero «pari o migliori rispetto ai dispositivi commerciali basati sul grafene». E questo a fronte di costi infinitamente minori, visto che lo scarto della canapa costa meno di 1.000 dollari la tonnellata. Come ha dichiarato lo stesso Mitlin, «ovviamente la canapa non può fare tutte le cose che può fare il grafene, ma può fare quello che il grafene fa nel campo dello storage di energia elettrica».

Batterie con gli scarti di canapa

Gli studi del team di Mitlin sono indubbiamente interessanti, e aprono nuovi affascinanti scenari. Per ora, però i dispositivi ipotizzati sono ancora distanti dal poter essere utilizzati per alimentare un veicolo elettrico, non potendo contare una densità energetica sufficiente. Questo dato, per ora, è infatti 22 volte minore rispetto a quello delle attuali batterie al litio in commercio. Non resta che sperare che dal mondo della ricerca continuino gli studi per trovare nuovi, sostenibili ed economici modi per accumulare in modo efficace  energia elettrica!essanti, e aprono nuovi affascinanti scenari. Per ora,