Canada: monaci buddisti liberano 600 aragoste
L’abito non fa il monaco… buddista
Ci sono monaci che tengono segretate delle tigri, come vi abbiamo raccontato qui, e altri monaci che invece decidono di salvare 600 aragoste liberandole nell’oceano. Sempre di monaci buddisti si parla, seppur dalla parte opposta del pianeta: se infatti il monastero tristemente famoso per essere diventato un luogo di sevizie per tigri, orsi e sciacalli si trova in Thailandia, questa virtuosa azione è stata fatta da un gruppo di monaci della Great Enlightenment Buddhist Institute Society, un’organizzazione religiosa dell’Isola del Principe Edoardo, in Canada.
La triste fine culinaria delle aragoste
Si sa, la sorte delle aragoste nel mondo culinario è davvero atroce: esse vengono infatti bollite vive, affinché né il colore né il gusto vengano compromessi. Lo stesso accade del resto ai granchi, agli astici e ad altri crostacei. Quello dei monaci buddisti canadesi è dunque stato un gesto simbolico, ma non solo: infatti non è stata salvata da una morte orribile solamente un’aragosta, ma ben 600 esemplari, per un peso complessivo di 272 chilogrammi. Come ha voluto spiegare Venerable Dan, uno dei monaci protagonisti dell’iniziativa,
«l’obiettivo del nostro gesto è quello di coltivare la compassione verso gli altri esseri viventi, siano essi aragoste, vermi, o mosche», aggiungendo che «abbiamo messo questi animali dove si sentono a proprio agio e crediamo che se tutti fossero in grado di farlo, il mondo diventerebbe un posto migliore e più armonico».
L’iniziativa dei monaci buddisti canadesi
Questo atto dei monaci canadesi non vuole però assumere i toni di una propaganda demagogica e ipocrita: essi infatti hanno voluto sottolineare che «rispettiamo ogni scelta alimentare e non vogliamo convincere nessuno a diventare vegano o vegetariano». Attraverso questa iniziativa i monaci hanno cercato di instillare in tutti quanti la compassione verso tutti gli esseri viventi con i quali noi ci troviamo a condividere il pianeta. Per fare questo, dunque, i monaci hanno acquistato i crostacei vivi, hanno tagliato i lacci che bloccavano le loro chele per poi liberarli in un’area marina priva di reti da pesca. Sarebbero stati infatti gli stessi pescatori dai quali i religiosi hanno acquistato le aragoste ad indicare il tratto di mare più sicuro per questi animali: speriamo che le loro reti restino lontano almeno da questi esemplari – ne hanno già passate fin troppe.
Ti è piaciuto l'articolo?
Condividilo