La guerra in Ucraina sta fermando la lotta per il clima?
Ci si avvicina sempre di più alla Cop27 di Sharm-El-Sheikh, in Egitto, che avrà inizio domenica 6 novembre. Si riparte da dove ci si era lasciati a Glasgow lo scorso anno, quanto tutti i Paesi avevano deciso di rivedere e di rafforzare i propri piani climatici. Peccato che, però, in questi 12 mesi, siano stati presentati unicamente 24 piani climatici nuovi o aggiornati, fatto che Simon Stiell, segretario esecutivo delle Nazioni Unite sui cambiamenti climatici, ha definito come “deludente”. La lotta per il clima da parte dei 193 Paesi firmatari degli accordi di Parigi – i quali piani d’azione per il clima coprono il 94,9% delle emissioni globali – non sta quindi procedendo in maniera spedita, anzi. Certo, sono stati fatti dei miglioramenti, ma, come sottolinea Stiell, «non siamo ancora vicini alla portata e al ritmo delle riduzioni delle emissioni necessarie per metterci sulla buona strada verso un mondo di 1,5° C. Per mantenere vivo questo obiettivo, i governi nazionali devono rafforzare ora i loro piani d’azione per il clima e implementarli nei prossimi otto anni». E di sicuro l’emergenza energetica in corso, che mette a dura prova le economie europee, sta allontanando ulteriormente l’attenzione dalla lotta per il clima.
L’appello dell’Onu affinché la guerra in Ucraina non freni la lotta per il clima
A partire dall’analisi della situazione attuale, e sapendo che tra pochi giorni scatterà la Cop27 in Egitto, le Nazioni Unite e l’Unione europea hanno voluto riaffermare la necessità di mettere al centro le politiche per contrastare il cambiamento climatico. L’occasione è stato il summit UE per gli investimenti sostenibili, tenutosi a Bruxelles. Qui il segretario generale dell’Onu, Antonio Guterres, ha dichiarato in modo permentorio che «gli orrori della guerra in Ucraina non dovrebbero far finire nel dimenticatoio l’azione per il clima». É ormai chiaro da settimane che tanti governi, per proteggere la sicurezza degli approvvigionamenti energetici di fronte ai ricatti sul gas provenienti dalla Russia, hanno distolto l’attenzione dalla lotta per il clima. E la stessa cosa sta succedendo, oltre che nel mondo della politica, anche in quelli dell’industria e dei media. Ecco che allora l’invito è quello di non rallentare la transizione ecologica, andando a sfruttare l’intero potenziale del Next Generation Eu e dei Pnrr. I quali sono pensati, va sottolineato, per andare a stimolare anche l’uso delle risorse private.
Ora come ora, appare difficile riuscire a ridurre le emissioni di gas serra del 55% entro il 2030 rispetto ai livelli misurati nel 1990, così come appare improbabile riuscire ad arrivare a emissioni zero entro il 2050. Eppure sono proprio questi gli obiettivi climatici fissati dall’Unione Europea. Ma come continuare a muoversi lungo questo cammino e, allo stesso tempo, riuscire ad affrancarsi dai gasdotti russi? Di certo «raddoppiare i combustibili fossili non è la risposta» ha spiegato Guterres, individuando invece nella transizione verde l’unica via. Per un pianeta vivibile, ma anche per la sicurezza energetica e per dei prezzi stabili.
L’appello Onu ribadito dall’UE con Gentiloni
A confermare la linea dell’Onu è stata anche l’UE, attraverso il suo commissario per l’Economia, Paolo Gentiloni. Anche per l’ex premier italiano rallentare la transizione energetica europea rappresenta un grave errore, sapendo peraltro che il ruolo dell’UE deve essere quello di fare da apripista nei confronti delle economie emergenti. Lo stesso Gentiloni ha però ricordato il fatto che per continuare la lotta climatica a livello europeo sono necessari ulteriori fondi: si parla di più di 500 miliardi di euro all’anno. Ecco che allora il commissario per l’Economia ha preannunciato il rinforzo del RePowerEu, volto a destinare fondi alla transizione pulita e alla lotta al caro energia.
Ti è piaciuto l'articolo?
Condividilo