Loss and damage: le compensazioni delle perdite e danni del cambiamento climatico
La produzione di energia bruciando combustibili fossili. La produzione di beni industriali, che a sua volta è energivora e produce emissioni nocive nei suoi processi di lavorazione. La deforestazione incontrollata, subordinata spesso all’incremento delle monocolture (da quella dell’olio di palma in poi), che riduce la capacità del pianeta di sottrarre l’anidride carbonica dall’atmosfera. L’utilizzo massiccio di forme di trasporto inquinanti, la fornitura di elettricità agli edifici, la produzione alimentare, il consumo eccessivo: sono queste le principali cause del cambiamento climatico. Il quale, come è noto, ha già creato grandi danni, attraverso gli eventi estremi e non solo. E a subire la maggior parte di questi danni sono stati – spesso – proprio i paesi più poveri, peraltro meno responsabili degli altri per la produzione di emissioni di gas serra. Per questo ormai da anni è sul tavolo delle trattative internazionali il tema dei fondi che i paesi più ricchi dovrebbero passare annualmente a quelli più fragili e colpiti. Si parla soprattutto, ma non solo, dei famigerati 100 miliardi di dollari all’anno promessi già nel 2009 e mai messi effettivamente sul tavolo. Il tema dei risarcimenti delle perdite e dei danni causati dal cambiamento climatico – il cosiddetto “loss and damage” – non sembra facile da sbrogliare
Loss and damage e UNFCCC
Esiste, nell’ambito della Convenzione quadro sui cambiamenti climatici delle Nazioni Unite (UNFCCC), una definizione abbastanza chiara e precisa di loss and damage: qui rientrano tutte le perdite derivanti da eventi improvvisi e da processi più lenti causati dal cambiamento climatico. Si parla quindi di tifoni, di tempeste, ma anche della desertificazione e dell’aumentare del livello dei mari. A formare questo enorme gruppo di perdite non è la natura del fenomeno, quanto invece la sua causa: tutto quello che è causato dal climate change finisce potenzialmente sotto l’ombrello del loss and damage, e quindi delle compensazioni delle perdite e danni del cambiamento climatico. Il problema è che è tutt’altro che semplice quantificare i danni complessivi causati da un evento estremo come un uragano, ed è ancora più difficile capire quali potrebbero essere i risarcimenti per degli eventi “lenti”, come potrebbe essere per esempio la salinizzazione delle coste. È proprio facendo leva su queste domande che i paesi ricchi stanno rallentando il processo dei risarcimenti verso i paesi maggiormente colpiti.
Quantificare le perdite conseguenti il cambiamento climatico
Come capire a quanto ammontano i danni complessivi causati dall’inquinamento dei paesi maggiormente industrializzati? È questo il vero nocciolo della questione. Certo, ci sono degli studi che cercano di dare una risposta. Due ricercatori dell’Università di Dartmouth, negli Stati Uniti, hanno calcolato che tra il 1990 e il 2014 gli USA avrebbero causato 1,9 trilioni di dollari di danni climatici ad altri paesi. La loro ricerca cerca anche di definire i danni fatti ai singoli paesi dall’inquinamento USA: si stimano per esempio 310 miliardi di dollari di perdite per il Brasile, 257 miliardi di perdite per l’India, e via dicendo.
I principali colpevoli
E di certo, quando si parla di risarcimenti, è necessario anche individuare chi dovrà risarcire e quanto dovrà farlo. Ovviamente questa classifica dovrebbe essere determinata in base alle emissioni causate nel tempo: i paesi maggiormente colpevoli sarebbero in questo senso gli Stati Uniti, seguiti dalla Cina, dalla Russia, dall’India e dal Brasile. Stando alle stime, i soli USA e Cina avrebbero causato circa un terzo dei danni relativi ai cambiamenti climatici. I paesi maggiormente colpiti sarebbero invece lo stesso Brasile, la stessa India, l’Arabia Saudita, gli Emirati Arabi Uniti e l’Indonesia, non a caso situati tutti in zone torride. Guardando invece all’impatto sul PIL, i maggiormente esposti sarebbero gli Emirati Arabi Uniti, la Mauritania, l’Arabia Saudita, l’Oman e il Mali.
Di tutto questo si sta parlando alla Cop 27: insieme al tema degli obiettivi da raggiungere per mantenere l’aumento delle temperature sotto 1,5 gradi, quello del loss and damage è destinato a dominare il vertice egiziano.
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