Lego molla Shell per salvare l’Artico
FINE DEL SODALIZIO LEGO-SHELL. Chi di noi non ha mai giocato con i mattoncini Lego? Ebbene, uno dei giochi più famosi del mondo ha finalmente voltato le spalle alle trivellazioni nell’Artico, prendendo le distanze da un partner commerciale irrispettoso dell’ambiente. La storia del loro sodalizio iniziò negli anni Sessanta, quando la compagnia petrolifera Shell firmò un contratto pubblicitario con la azienda danese produttrice dei Lego. Da allora sulle automobiline giocattolo campeggia in bella vista la conchiglia gialla del noto produttore di petrolio, marchio che di conseguenza è entrato nelle case di milioni di bambini.
LA CAMPAGNA DI GREENPEACE. Quest’accordo decennale non è però andato giù a Greenpeace, che in questo periodo sta cercando di fermare i progetti di trivellazione artici da parte di Shell. Secondo gli attivisti ambientali, Shell «sta invadendo le stanze dei giochi di tutto il mondo per sostenere la propria immagine, mentre mette in pericolo l’Artico per estrarne petrolio». A luglio è così partita una campagna di mobilitazione per costringere Lego ad abbandonare la partnership con Shell, rivolgendo il proprio impegno verso fini più ecologici. E così è stato: il logo della compagnia petrolifera anglo-olandese non troverà più il suo posto sui mattoncini del colosso planetario dei giocattoli.
LE TRIVELLAZIONI NELL’ARTICO. Sottoposto alla pressione di Greenpeace, il presidente e amministratore delegato della Lego Jorgen Vig Knudstorp ha quindi tagliato i ponti con la Shell, non rinunciando però a tirare le orecchie all’organizzazione ambientalista: a suo avviso «Greenpeace ha usato Lego per colpire Shell, ma noi crediamo con forza che Greenpeace dovrebbe rivolgersi direttamente a Shell». Purtroppo questa piccola vittoria degli attivisti non fermerà le trivellazioni nei fondali dell’Artico; si tratta tutt’al più di un successo simbolico, grazie al quale le trivellazioni «non avverranno più avvelenando le menti dei bambini». Insomma, Shell per ora continuerà con il suo famigerato progetto, nonostante il rischio di compromettere seriamente il già fragile ecosistema artico.
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