La nuova sfida del packaging biodegradabile: lo mangio o lo butto?
Esistono degli imballaggi di plastica che hanno un tempo di uso davvero effimero. La loro vita tra le mani di un cliente-consumatore si calcola nell’ordine dei secondi… o quando si parla di minuti stiamo pur certi che questi si possono contare su una sola mano. E poi che accade? Accade che questi imballaggi finiscono sotto terra o nei nostri mari. Inquinano l’ambiente e mettono a rischio la vita degli animali, ma soprattutto durano decadi, se non addirittura secoli. È in un contesto del genere, con queste premesse, che acquista sempre più importanza il tema del packaging biodegradabile.
Packaging biodegradabile o commestibile. A Bali si sperimenta
A Bali, più precisamente a Ubud, un venditore ambulante di waffle è tra i primi sperimentatori dei nuovi imballaggi alimentari fatti attraverso l’utilizzo di alghe e non di plastica. Si tratta di una bustina che ha anche delle caratteristiche nutrienti, nel caso venisse mangiata dal consumatore. E se invece finisce in terra come rifiuto, si biodegraderà naturalmente, in pochissimo tempo.
Fermare i rifiuti alla radice!
“Vogliamo creare un mondo più pulito fermando i rifiuti di plastica dalla radice, non producendoli!” Lo afferma David Company, cofondatore di Evoware, la startup indonesiana che ha progettato la confezione dei waffle. E poi continua: “L’Indonesia è seconda solo alla Cina per l’inquinamento plastico che si riversa nell’oceano, dove arrivano prevalentemente imballaggi monouso“ Non solo i mari… i quattro fiumi indonesiani sono tra i più inquinati del mondo e le discariche di rifiuti a Bali sono spesso traboccanti.
Le alghe meglio della plastica
Le alghe, rispetto alla plastica hanno degli evidenti vantaggi. Prima di tutto, mentre crescono “mangiano” anidride carbonica riducendola. Si pensi soltanto che in una zona di oceano della dimensione di un campo da baseball si possono coltivare fino a 40 tonnellate di alghe in un anno, un’operazione che assorbirebbe fino a 20,7 tonnellate di gas serra. La startup di Company, non condivide il processo produttivo del suo prodotto, ma si limita ad affermare che l’alga viene trattata per la sicurezza alimentare e convertita in imballaggi senza l’uso di sostanze chimiche.
Ramen espresso
Poiché il nuovo imballaggio si scioglie in acqua calda, la startup prevede di utilizzarlo inizialmente per sostituire le piccole bustine di plastica che contengono il condimento delle tagliatelle istantanee. Invece di lottare (spesso perdendo!) per aprire il pacchetto, si lascia cadere tutto nella ciotola e si inizia a mescolare. Per chi se lo stesse domandando il sacchetto risulterà praticamente insapore e non altererà il gusto del prodotto acquistato.
Si sta lavorando già anche ad altre soluzioni come il caffè istantaneo o gli involucri commestibili per hamburger e altri panini. A oggi l’imballaggio a base di alghe è più costoso da produrre rispetto a un suo simile in plastica, ma i costi sono destinati ad abbassarsi non appena la startup convertirà la produzione su larga scala.
Packaging biodegradabile da un milione di dollari
La startup ha vinto uno dei premi assegnati dalla Fondazione Ellen MacArthur e da OpenIdeo dove si ricercavano soluzioni per il 30% di articoli di imballaggio in plastica troppo piccoli o complessi da ottenere attraverso una semplice operazione di riciclo.
Packaging biodegradabile tra presente e futuro
Si tratta di piccoli passi in avanti che potrebbero in un futuro non troppo lontano avere poi dei risultati rivoluzionari e sconvolgere il mercato mondiale. Se, come pare, entro il 2050 non poniamo dei rimedi nel mare ci sarà più plastica che pesce… utilizzare il packaging biodegradabile è quindi la soluzione dell’immediato e del futuro. Per vivere bene sin da subito e pensare anche a quello che accadrà tra trent’anni.
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