L’Italia non è un paese per bici: il report
L’Italia non è un paese per bici: è questo il sottotitolo del rapporto “Clean Cities” pubblicato da Clean Cities, Fiab, Kyoto Club e Legambiente. Numeri alla mano, è invece un paese per auto. Tra poco vedremo quali sono i finanziamenti che lo Stato ha messo a disposizione per il mondo a pedali, e li confronteremo con quelli stanziati invece per l’automotive: prima ancora è però bene ricordare che il nostro è il primo paese europeo per la densità di auto (con 67 auto veicolo ogni 100 abitanti). Un primato tutt’altro che lusinghiero, soprattutto pensando al fatto che proprio il settore dei trasporti è responsabile del 30,7% delle emissioni di anidride carbonica (dati del 2019) e che ben il 92,6% è riconducibile esattamente al trasporto su strada. Proprio per questo negli ultimi anni ci si è sforzati di incoraggiare e incentivare l’uso della bicicletta per gli spostamenti urbani. Ma come si traduce questo sforzo in cifre concrete? Vediamo quali sono i dati riportati nel report “Clean Cities. Non è un paese per Bici”.
L’Italia non è un paese per bici: i dati
Dati alla mano, il nostro paese investe nell’auto circa 100 volte in più di quanto invece nella bicicletta. Se infatti tra il bonus per l’acquisto di biciclette e ciclabili urbane ed extraurbane si parla di poco più di un miliardo di euro, per il settore automotive si sommano complessivamente 98 miliardi di euro. Una differenza astronomica.
Più nello specifico, il sostegno diretto per l’acquisto di biciclette – o di altri mezzi per la mobilità sostenibile leggera – ha visto un contributo totale di 300 milioni di euro. A questi fanno sommati i 600 milioni di euro stanziati per la costruzione di ciclovie turistiche e ciclabili urbane, finanziate per lo più con i fondi provenienti dal Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza. Vanno poi sommati i fondi stanziati a partire dalla Legge di stabilità del 2016 e da allora rifinanziati di anno in anno. Facendo tutti i conti, per l’appunto, fino al 2030 si parla in tutto di 1 miliardo e qualcosa.
Dall’altra parte, guardando ai fondi per l’automotive, si parla di tutti incentivi destinati all’acquisto di automobili nuove, finanziamenti che almeno in parte riguardano anche chi acquista dei veicoli a diesel e a benzina. A questi devono essere aggiunti tutti i fondi messi a disposizione per la costruzione e per la manutenzione delle infrastrutture.
La situazione delle ciclabili nelle città italiane
Non è una questione di sensazioni: sono i numeri, come dimostra il report “L’Italia non è un paese per bici” a dimostrare che c’è ancora tantissimo da fare sul settore della mobilità leggera e sostenibile. Anche perché è impossibile non fare dei confronti con altri paesi, a partire da quelli del nord. Certo, tra il 2015 e il 2020 le città italiane (e più nello specifico capoluoghi e città metropolitane) hanno incrementato del 20,8% la quota di ciclabili, arrivando a un totale di 857 chilometri di ciclovie. Milano ha aggiunto 96 chilmometri, Venezia ne ha aggiunti 47, Brescia 46, e via dicendo. Ma, guardando alla media delle città italiane, si parla pur sempre di 2,8 chilometri di ciclabili ogni 10mila abitanti. Considerando peraltro che in diverse città non esiste nemmeno una pista ciclabile: si pensi a Trapani, a Catalnisetta, a Campobasso, a Chieti e a Vibo Valentia. Ci sono città particolarmente virtuose, in Europa, che presentano numeri del tutto differenti: a Ghent e a Helsinki ci sono 20 chilometri di ciclabili ogni 10mila abitanti, ad Amsterdam e ad Anversa 15, a Copenaghen 9.
Il gap è immenso: per colmarlo e per rimettersi al pari con il resto del continente, le città italiane dovrebbero costruire 16.000 chilometri di ciclabili in più rispetto a quelle attualmente presenti, per arrivare a 21mila chilometri totali entro la fine del decennio. Tradotto in soldoni, servirebbero 500 milioni di euro all’anno, circa il 3,5% di quello che è già stato stanziato per il mondo dell’auto.
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