L’Italia che ricicla: siamo primi in Europa per il riciclo, ma grazie all’esportazione
Ottima notizia: l’Italia è prima in Europa per per tasso di avvio al riciclo. Notizia decisamente critica: a causa dell’insufficienza del nostro sistema impiantistico, esportiamo all’estero una montagna di rifiuti, non riuscendo a gestirli in autonomia. Sono questi i due punti principali che escono dallo studio annuale “L’Italia che ricicla”, un’indagine presentata giovedì 24 a Roma da Assoambiente. Abbiamo quindi un dato che ci deve rendere orgogliosi, pur sapendo che c’è una lunga ombra, la quale indica in modo piuttosto chiaro quali sono i lavori da fare per migliorare la situazione. Come ha commentato Paolo Barberi, vice Presidente di Assoambiente, «il riciclo dei rifiuti, oltre alla valenza centrale che riveste per la transizione ecologica risulta oggi ancor più strategico per accrescere la resilienza economica del nostro Paese, tradizionalmente povero di materie prime, particolarmente in questa fase di emergenza economica-energetica maturata nel post pandemia. Il salto di qualità per il settore, anche per il buon esito della parte di PNRR relativa alla gestione rifiuti, potrà arrivare solo con la piena implementazione delle riforme».
L’Italia che ricicla: primi in Europa per tasso di avvio al riciclo
Iniziamo la sintesi del report L’Italia che ricicla con le buone, anzi ottime notizie. Il dato italiano relativo al tasso di avvio al riciclo è il più alto di tutta l’Europa, attestandosi all’83% del totale gestito, comprendendo sia i rifiuti urbani che quelli speciali. Questo numero – che è riferito al 2020 – è di gran lunga superiore alla media dell’UE, che si ferma al 39,2%. Gli altri grandi paesi europei presentano tassi superiori alla media, ma decisamente distanti rispetto a quello italiano: si parla del 60,5% per la Spagna, del 54,4% per la Francia e del 44% per la Germania.
I numeri sono positivi anche per quanto riguarda la circolarità dei materiali, pur non essendo da primato. Se infatti la Francia è il paese europeo con il miglior risultato per quanto riguarda la quantità di materiale riciclato reimmesso nell’economia, con il 22,2%, l’Italia segue a pochi passi, con il 21,6%. Germania e Spagna sono invece lontane, rispettivamente con il 13,4% e l’11,2%, in linea con la media europea del 12,8%.
Guardando al tasso di utilizzo dei metalli riciclati, l’Italia è in testa alla classifica, con una percentuale del 47,2%, staccando Francia (39,3%), Germania (27,3%) e Spagna (18,5%).
I problemi di impiantistica ed esportazione
Veniamo infine alle note dolenti. Il grosso problema italiano, così come risulta dall’indagine L’Italia che ricicla, è costituito dalla capacità ridotta dei nostri impianti attivi. A guardare con una veloce occhiata, i numeri sembrerebbero dire il contrario: con 6.456 impianti di recupero di materia, infatti, il nostro paese si posiziona al secondo posto in Europa, dietro alla sola Germania, che di impianti ne conta 10.497, e davanti alla Spagna, con 4.007 impianti. Il problema è che in media i nostri impianti sono caratterizzati da dimensioni – e quindi capacità – medie o piccole. Va poi detto che la maggior parte degli impianti è collocata al Centro e al Nord, con il Sud che conta invece un numero drasticamente ridotto di punti per la raccolta e il trattamento dei rifiuti. A dimostrare questo squilibrio c’è il fatto che nella sola Lombardia è presente il 22% dell’impiantistica nazionale.
Non stupisce quindi che l’Italia sia costretta a esportare una fetta importante dei propri rifiuti: si parla di oltre 3,6 milioni di tonnellate di rifiuti industriali, nonché di 581 mila tonnellate di rifiuti urbani. Il che è sicuramente un problema, perché il paese potrebbe recuperare buona parte di quei rifiuti attraverso il riciclo, combattendo così la cronica mancanza di materie prime che affligge l’Italia.
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