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Inquinamento urbano: la situazione in Italia non migliora

Negli ultimi anni sono stati realizzati diversi studi relativi ai pericoli dell’inquinamento urbano, con risultati non di rado allarmanti. Uno studio condotto tra Cina e Regno Unito e pubblicato su Health Data Science, per esempio, è arrivato ad affermare che chi vive nelle vicinanze di strade urbane particolarmente trafficate ha un rischio maggiore di andare incontro alla demenza. Negli ultimi anni sono state lanciate tante iniziative per migliorare la qualità dell’aria e ridurre di conseguenza l’inquinamento urbano, incentivando la mobilità sostenibile, promuovendo l’uso dei mezzi di trasporto pubblici, stimolando l’acquisto di auto poco inquinanti, e via dicendo. E a una prima occhiata i dati italiani sembrerebbero mostrare un effettivo cambiamento, un miglioramento che anzi sembrerebbe particolarmente forte nel 2023: se l’anno scorso le centraline dei capoluoghi italiani hanno dato risultati oltre i limiti per 18 città su 98, nel 2022 si era parlato di ben 29 semafori rossi, che erano stati addirittura 31 nel 2021. Ma attenzione: in realtà questo miglioramento non è dato da un reale abbattimento delle polveri sottili, non da un minore inquinamento da parte di auto, edifici e industrie, quanto da un fattore che nulla ha a che fare con le azioni umane. Come spiegato da Legambiente nel suo rapporto Mal’aria di città 2024, infatti, la situazione dell’inquinamento urbano del 2023 sarebbe migliorata solo per via del meteo favorevole, in particolar modo per quanto riguarda il primo semestre dell’anno e i mesi autunnali.

Inquinamento urbano: la classifica delle città nel 2023

Insomma, il miglioramento dell’inquinamento urbano rilevato nel 2023 è da ricondurre al meteo, e non a dei reali passi avanti nell’abbattimento delle polveri sottili. Anzi, i livelli di PM2.5, PM10 e NO2 restano sostanzialmente stabili, senza l’evidenza di reali progressi negli ultimi anni. Il rapporto Mal’aria di città di Legambiente presenta poi la classifica delle “peggiori” città italiane quanto a inquinamento urbano: la maglia nera va a Frosinone, che ha fatto registrare ben 70 giorni di sforamento dei limiti di PM10. Dietro alla città laziale si piazzano poi, nelle prime posizioni, solamente città del Nord Italia: in seconda classifica si trova infatti Torino, con 66 giorni di sfioramento, e a chiudere il podio c’è Treviso, con 63 giorni. Seguono Mantova e Padova, a 62, quindi Rovigo, Verona e Vincenza, sopra ai 50 giorni, e Milano, Asti, Cremona, Lodi, Brescia e Monza, tutte quante sopra i 40 giorni.

Impreparati per il 2030

A rendere gli attuali livelli di PM2.5, PM10 e NO2 particolarmente allarmanti c’è il fatto che a breve i limiti da rispettare saranno ben più bassi. Per quanto riguarda il PM10, per esempio, il limite odierno è di 40 µg/m3, il quale però al 2030 sarà dimezzato, all’interno di una politica comune per l’abbassamento dell’inquinamento urbano.Come riportato da Legambiente nel rapporto, analizzando i valori dal 2019 al 2023 è possibile notare che in realtà il valore medio di inquinamento è rimasto sostanzialmente stabile in tante città. Legambiente cita per esempio i valori medi di Padova, di 34 µg/mc nel 2019 e 2020, 30 µg/mc nel 2021, 32 µg/mc nel 2022 e 2023. Nessuno sforamento, ma allo stesso tempo nessun miglioramento.

Se questi dati fossero proiettati nel 2030, il 69% delle città capoluogo italiane risulterebbe oltre i limiti per il PM10, mentre sarebbero fuori legge l’84% delle città per il PM2.5 e il 50% per l’NO2. Insomma, nei prossimi anni sarà necessario fare tantissimo per ridurre i livello di inquinamento urbano, accelerando e intensificando gli sforzi.