Innovazioni nell’industria della plastica: 3 strategie per salvare il pianeta
Vi abbiamo già parlato del World Economic Forum di Davos, appuntamento annuale che richiama giornalisti, economisti e industriali da tutto il Mondo, per affrontare insieme tematiche legate alle politiche ambientali e alle innovazioni nell’industria della plastica. Dall’edizione di quest’anno è scaturita la New Plastics Economy, un insieme di azioni e strategie atte ad aumentare significativamente la quantità di materiali plastici riciclati.
L’iniziativa, guidata dalla Fondazione Ellen MacArthur, riunisce anche 40 multinazionali che rappresentano da sole gran parte del settore plastico globale, tra cui Core Partners Amcor, The Coca-Cola Company, Danone, MARS, Novamont, Unilever e Veolia. Lo scopo del progetto è lavorare insieme, puntando la rotta verso un sistema plastico globale più efficace.
Innovazioni nell’industria della plastica: da Davos segnali di ottimismo
In poco più di mezzo secolo, la plastica si è fatta strada grazie alla sua versatilità e redditività. Basti pensare che la sua produzione è aumentata di venti volte. Eppure, accanto a vantaggi chiari, il sistema plastico di oggi presenta seri inconvenienti. Secondo le stime del World Economic Forum, al momento solo il 14% degli imballaggi in plastica viene riciclato. Il resto viene incenerito, gettato nelle discariche o, peggio ancora, finisce in mare. Dal confronto, tenutosi a Davos, fra politici e industriali, sono emerse alcune importanti strategie per recuperare fino al 70% della plastica usata.
3 strategie per salvare il pianeta: il riciclo
Aumentare la quantità di materiali riciclati è il primo passo da compiere. La scelta di materiali, colori, formati e di altri fattori legati al design determina la facilità o meno con cui è possibile riciclare l’imballaggio in plastica. Cambiamenti relativamente piccoli possono produrre una differenza drastica: le bottiglie realizzate in PET trasparente, come quelle utilizzate per l’acqua, ad esempio, sono molto più facili da riciclare di quelle opache. Allo stesso tempo, occorre intervenire urgentemente per implementare e migliorare le infrastrutture di raccolta e gestione del riciclo, in modo particolare in quelle regioni in cui l’utilizzo di plastica è elevatissimo, come ad esempio i paesi dell’Asia sudorientale.
Passo numero 2: progettazione e innovazione
La sfida più grande è rappresentata dall’enorme quantità di plastica usata per il packaging. Parliamo di oggetti monouso come confezioni di dolci, bustine e imballaggi per fast food che sono destinati alla discarica o all’incenerimento. Sono plastiche queste, che necessitano di essere ripensate dal punto di vista della forma e delle dimensioni. Pensiamo, ad esempio, alle linguette delle lattine, che fino agli anni ’70, si staccavano e non potevano essere riciclate mentre oggi costituiscono un tutt’uno con la lattina stessa. Inoltre, i materiali non comuni hanno tassi di riciclo molto bassi, meno del 5% nel caso del PVC ad esempio. Spingere sul pedale dell’innovazione, sostituendoli con materiali più riciclabili, è il passo da compiere.
La terza strategia: il riutilizzo
Oltre il 20% degli imballaggi potrebbe essere riutilizzato in modo proficuo, ad esempio, sostituendo i sacchetti di plastica monouso con alternative riutilizzabili. Uno degli incentivi maggiori è introdurre un costo per le borse di plastica, iniziativa che, nel Regno Unito ha portato una riduzione del loro uso di circa l’85%. Anche le imprese stanno iniziando a puntare sulle innovazioni nell’industria della plastica. È il caso della società australiana Splosh, che realizza prodotti per la pulizia della casa e per l’igiene personale, venduti in sacchetti che si sciolgono a contatto con l’acqua, eliminando così alla radice la necessità di riciclare. Si tratta di un approccio molto simile a quello con cui sono state realizzate le Ooho Balls, i contenitori commestibili a forma di bolle che rappresentano un pionieristico sostituto delle bottiglie di plastica.
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