Innalzamento delle acque: ecco le aree italiane a rischio
Che i mari di tutto il mondo siano oggetto di un progressivo innalzamento delle acque è un dato di fatto. Da tempo, poi, è risaputo che il livello del mare che conosciamo oggi è destinato ad aumentare sempre più velocemente nei prossimi anni, a meno che non si faccia qualcosa di davvero concreto e risolutivo per fermare il cambiamento climatico. Fino ad oggi, però, non si avevano dei dati certi relativamente all’innalzamento delle acque nel passato del Mediterraneo. Per dire che nel futuro il livello del mare si alzerà in modo anormale, infatti, è necessario avere dei dati certi sui cambiamenti avvenuti nei secoli scorsi. Ebbene, grazie ad una ricerca lungo le coste del Mare Nostrum coordinata dall’Enea, ora sappiamo con certezza che negli ultimi 1.000 anni il Mare Mediterraneo si è alzato di circa 30 centimetri.
90 centimetri in più nei prossimi 100 anni
L’innalzamento delle acque nell’ultimo millennio, dunque, è stato in media di 3 centimetri per ogni secolo. Il problema, come sappiamo, non è però certamente rivolto al passato: secondo le ricerche del gruppo intergovernativo sui cambiamenti climatico delle Nazioni Unite, ovvero l’Ipcc, entro i prossimi 100 anni l’innalzamento delle acque sarà più che triplicato. Se guardando indietro si parla quindi di 3 centimetri ogni secolo, guardando in avanti si calcolano invece di più di 90 centimetri. Quella che ci troviamo a fronteggiare è dunque un’accelerazione incredibile dell’aumento del livello dei mari, e lo sappiamo con certezza grazie al calcolo dei mutamenti passati.
Uno studio internazionale
Il fattore scatenante, ovviamente, è il cambiamento climatico, indotto a sua volta dalle sempre più alte concentrazioni di anidride carbonica nella nostra atmosfera. Lo studio è stato portato avanti sotto l’ombrello di Enea da ricercatori dell’Ingv e di varie università: nel progetto sono infatti state coinvolte La Sapienza di Roma, l’Aldo Moro di Bari e le Università di Lecce, Catania, Haifa, Parigi e Marsiglia, con la pubblicazione finale sulla rivista Quaternary International. Ma come hanno fatto questi ricercatori a determinare il livello passato del Mediterraneo?
Una ricerca scientifica e archeologica
Lo studio si è basato sull’esame di 13 siti archeologici lungo le coste italiane, spagnole, francesi, greche e israeliane, tutte aree in cui in fin dall’antichità venivano utilizzare delle grandi pietre – le cosiddette mole olearie – per macinare le olive. Esaminando tali siti è stato possibile risalire ai passati livelli del mare: se l’aumento più netto è stato rilevato in Grecia, non molto distante da Atene, quello più contenuto è invece relativo all’isola di Maiorca. Ma questo riguarda il passato. Secondo le ultime stime dell’Ipcc, l’innalzamento delle acque a livello mondiale sarà compreso tra i 60 e i 95 centimetri entro il 2100. Come ha sottolineato Fabrizio Antonioli, che ha coordinato lo studio, le analisi sono state realizzate «in aree stabili da un punto di vista tettonico, alcune anche parzialmente sommerse, coniugando scienza e archeologia».
Le aree italiane a rischio sono 33
Di fronte a questo iperbolico innalzamento del livello dei mari, le aree a rischio sono ovviamente moltissime. Nella sola Italia i luoghi in pericolo sono 33. Le zone maggiormente estese sono localizzate lungo la costa settentrionale dell’Adriatico, tra Ravenna e Trieste, ma nemmeno le coste della Versilia, di Fiumicino, del Volturno, delle Piane Pontina, dei Fondi e del Sele possono stare tranquille, come nemmeno gli abitanti del catanese, del cagliaritano e dell’area di Oristano. Il dato più estremo, in ogni caso, è relativo al Nord Adriatico, dove all’innalzamento delle acque andrà a sommarsi l’inabissamento della costa, raggiungendo così un valore complessivo fino ai 140 centimetri.
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