Green Hill: condannati i responsabili. Tutte le foto dei Beagle liberati
LA SENTENZA. “Green Hill CONDANNATO! Sentenza storica senza precedenti. I Beagle sono salvi”: questo il contenuto del tweet con cui la Lav, Lega anti vivisezione, ha annunciato la sentenza contro i responsabili dell’allevamento di Montichiari, in provincia di Brescia. Nei 4 anni di attività sono stati oltre 6.000 i cani che hanno trovato la morte all’interno del centro di ricerca, sottoposti a estenuanti sperimentazioni o soppressi perché non più utili. L’accusa formalizzata dalla Procura di Brescia era quella di “animalicidio” e sul banco degli imputati sedevano i 3 dirigenti dell’allevamento: Ghislane Rondot, co-gestore di Green Hill 2001 della Marshall Bioresources e della Marshall Farms Group, e Renzo Graziosi, veterinario della struttura, entrambi condannati a un anno e sei mesi di carcere. Un anno di pena invece per il direttore dell’allevamento Roberto Bravi. Assolto il secondo gestore Bernard Gotti per non aver commesso il fatto. La Procura ha confermato la tesi del PM Cassiani, riducendo però le pene comminate: all’interno dell’allevamento i cani malati non sarebbero stati curati ma soppressi perché ritenuti non più utili.
IL RISARCIMENTO. Il tribunale ha inoltre ordinato un risarcimento di trentamila euro per la Lav, che si era costituita parte civile, disponendo il divieto di allevare cani per i prossimi due anni per i condannati. Nella sua requisitoria il PM aveva parlato di processo non alla “sperimentazione farmacologica, ma a una precisa strategia aziendale”. Questa prevedeva una costante riduzione dei costi e delle spese, che passava inevitabilmente sulla salute dei cani ospitati. Curare le cavie sarebbe stato antieconomico, per questo gli animali venivano soppressi quando ritenuti non più utili. I legali dei condannati hanno già dichiarato che i loro assistiti presenteranno ricorso in Appello.
ERA IL 2012. La scoperta delle condizioni in cui venivano tenuti gli animali a Green Hill sconvolse nel 2012 l’Italia e portò a una massiccia mobilitazione di singoli cittadini e di organizzazioni animaliste. Il 29 aprile di quell’anno quando decine di persone si introdussero nell’allevamento liberando un centinaio dei cuccioli detenuti. Pochi mesi dopo l’allevamento venne sequestrato e oltre 3.000 mila cuccioli di Beagle furono dati in affidamento alle famiglie che ne fecero richiesta con la mediazione di Legambiente e Lav. Molte delle famiglie adottive si sono presentate alla lettura della sentenza, chiedendo a gran voce giustizia.
LE REAZIONI. “La sentenza di condanna di Green Hill è un riconoscimento a tutte e tutti coloro che in tanti anni hanno partecipato a manifestazioni a Montichiari e in tante altre parti d’Italia e del mondo, hanno digiunato, firmato petizioni, realizzato inchieste giornalistiche, presentato denunce, scavalcato barriere fisiche e ideologiche che difendevano l’indifendibile – ha dichairato Gianluca Felicetti, presidente LAV – sapendo bene che “Oltre il filo spinato di Green Hill”, la vivisezione esiste ancora e uccide quasi 3000 animali al giorno, tutti i giorni, solo nel nostro Paese, e non da alcuna risposta positiva alla nostra salute: per questo la nostra battaglia è continua”.
SOCIAL. Entusiasmo anche sui social per la condanna ai responsabili dei maltrattamenti. Su Twitter #GreenHill è subito salito fra i trend topic, con interventi di numerosissimi commentatori. Enpa Onlus ha immediatamente ricondiviso le immagini dei Beagle salvati, mentre Legambiente celebra l’evento con l’hashtag #buonenotizie. Silenzio invece dal profilo Twitter dell’ex ministro Michela Brambilla, che tanto all’epoca si era spesa per la salvezza dei cuccioli e per la chiusura della struttura.
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