Il grattacielo che diventa foresta verticale: vera sostenibilità o solo moda?
Sono una sorta di antidoto al costante peggioramento delle condizioni ambientali delle metropoli, una soluzione per riparare ai danni commessi in decenni di urbanizzazione sfrenata. Se è impensabile frenare il consumo di suolo e lo sviluppo urbano rimane un’unica soluzione, quella di sfruttare gli unici spazi disponibili, le facciate degli edifici, per ricreare habitat naturali.
L’ideatore dei cosiddetti ‘giardini verticali‘ è il biologo francese Patrick Blanc che nel 1986 realizzò il primo muro vegetale della storia per la Cité des Sciences et de l’Industrie di Parigi. Fu il primo passo di un percorso lavorativo che nel 2001, con il rivestimento di un muro alto 30 metri in un hotel nei pressi delle Champs Elysée fatto solo ed esclusivamente con le piante, ha garantito a Black una consacrazione a livello mondiale ma ha soprattutto segnato l’inizio di una nuova era per la bio-achitettura.
Il Bosco Verticale di Boeri ‘in giro per il mondo’
Un tassello importante di questa visione di integrazione del verde nell’architettura urbana è stato sicuramente messo dal ‘nostro’ Stefano Boeri, architetto e urbanista milanese che negli ultimi anni si è guadagnato onori e riconoscimenti internazionali grazie al suo Bosco Verticale. Le due torri ricoperte di alberi e arbusti che svettano nel quartiere di Porta Nuova a Milano hanno vinto l’Highrise Award nel 2014 e si sono aggiudicate il 2015 Best Tall Building Worldwide by Council on Tall Buildings and Urban Habitat (CTBUH). Non stupisce quindi che nel giro di pochi anni lo studio Stefano Boeri Architetti abbia riproposto il concept di foresta verticale in diverse città del mondo dove nasceranno dei piccoli cloni dei grattacieli verdi milanesi.
Nanjiing Vertical Forest, la foresta verticale cinese
L’ultimo progetto di cui è stato annunciato l’inizio dei lavori è la Nanjiing Vertical Forest, che verrà realizzata a Nanchino, una delle città più inquinate della Cina, che si è piazzata al 27esimo posto su 28 secondo una recente classifica di Greenpeace sulla qualità dell’aria delle metropoli del paese asiatico. Le due torri, alte 200 e 108 metri, promettono di ridurre le emissioni di CO2 di circa 25 tonnellate all’anno e di produrre 60 kg di ossigeno al giorno. Lungo le facciate degli edifici, caratterizzate dall’alternarsi di balconi e vasche verdi, cresceranno 600 alberi di dimensioni grandi, 500 alberi medi (per un totale di 1100 alberi appartenenti a 23 specie autoctone) e oltre 2500 arbusti e piante a caduta che copriranno una superficie complessiva di 6mila metri quadrati.
La torre più alta ospiterà uffici, un museo, una scuola di architettura “green” e un club privato sul tetto mentre in quella più bassa verrà realizzato un hotel e il basamento alto 20 metri ospiterà eventi commerciali, ricreativi ed educativi.
Il progetto dovrebbe essere ultimato entro il 2018 e probabilmente non sarà l’unico per la Cina dove sono in corso di approvazione altri ‘boschi verticali’ per le città di Shijiazhuang, Liuzhou, Guizhou, Shanghai e Chongqing.
La svizzera Torre dei Cedri
La Nanjiing Vertical Forest rimane ad ogni modo il secondo clone del ‘Bosco Verticale’, replicato per la prima volta a Losanna, con un progetto presentato nel novembre del 2015. In questo caso di tratta di un unico grattacielo, progettato dallo Studio Stefano Boeri Architetti con la collaborazione di Buro Happold Engineering per le strutture e l’agronoma Laura Gatti per la componente vegetale, che è stato denominato ‘La Torre dei Cedri’.
Alto 117 metri, il bosco verticale di Losanna ospita 100 alberi, 6.000 arbusti e 18.000 piante tra perenni, ricadenti e tappezzanti. Come è facilmente intuibile dal nome, i grandi protagonisti della facciata verde saranno quattro diverse specie di cedro, noto per la sua grande capacità di adattarsi a condizioni climatiche estreme. La torre sarà composta da 36 piani destinati a residenze private ma anche a uffici e servizi, fra cui una palestra e un ristorante panoramico in copertura.
“Con La Torre dei Cedri- aveva commentato Stefano Boeri- avremo la possibilità di realizzare un edificio sobrio e insieme di grande importanza nel paesaggio di Losanna. Un’architettura capace tra l’altro di innestare una significativa biodiversità di specie vegetali nel cuore di una importante città europea. La Torre dei Cedri, anche grazie alle sue forme e ai colori cangianti dei cedri e delle altre piante nel corso delle stagioni, potrà diventare un landmark nel paesaggio del lago Lemano”.
Le foreste verticali sono davvero sostenibili?
Certamente per Boeri è un periodo d’oro ma lo è anche per le città che accolgono o si preparano ad accogliere queste foreste urbane? Il modello del ‘Bosco Verticale’ ha ricevuto apprezzamenti a livello mondiale ma, come è normale che sia, anche diverse critiche. Quella che ci interessa maggiormente riguarda la reale sostenibilità ambientale del progetto, messa in dubbio da qualche esperto del campo.
Per cominciare, gli ostacoli nella realizzazione di questi progetti maestosi sono tanti. Si va dai rinforzi in acciaio e cemento necessari per sostenere il peso di piante ed arbusti, ai sistemi di irrigazione necessari fino a soluzioni per gestire il carico del vento, che rischiano di danneggiare pesantemente la vegetazione. Tutte queste soluzioni – pensiamo anche solo alle gru che hanno dovuto trasportare gli arbusti a tutti i piani delle torri – richiedono un ingente dispendio energetico, sia in fase di realizzazione sia di gestione. E probabilmente vanificano i risparmi ottenuti da tutte le scelte green e a basso impatto ambientale previste dal progetto.
Basta con gli arbusti, privilegiamo le facciate verdi
In un interessante articolo pubblicato quasi un anno, il giornalista Kurt Kohlstedt che firma il pezzo, spingeva a riflettere su quanto questa spinta ‘verde’ fosse più una moda, un vezzo da archistar piuttosto che una reale soluzione all’inquinamento urbano e alla preservazione della biodiversità. La critica di Kohlstedt era sopratutto relegata agli arbusti.
“Vedere degli alberi in un edificio stupisce, piace, ma forse- sottolinea il giornalista- varrebbe la pena di smetterla. Perché sono molto più sostenibili le tradizionali coperture verdi rispetto alle piantagioni. Sono più facilmente installabili, necessitano di meno manutenzione, svolgono meglio il loro dovere e non servono sistemi per sostenerle. Il peso aggiuntivo che i progettisti devono calcolare in caso di coperture va dai 15 ai 50 kg, mentre in caso di arbusti si parla di 50-150 kg”.
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