Gli investimenti agtech di Bill Gates: luci e ombre
Il lato umanitario di Bill Gates
Da anni – precisamente dal 7 luglio del 2008, data delle sue dimissioni da amministratore delegato delle Microsoft Corporation – Bill Gates si dedica a tempo pieno alla The Bill & Melinda Gates Foundation, la propria fondazione umanitaria che si occupa di ricerca medica, di lotta all’AIDS e alla malaria e in generale del miglioramento delle condizioni di vita nei Paesi più poveri del globo. Tutt’oggi questa fondazione è considerata come la più grande al mondo, con un patrimonio di circa 43 miliardi di dollari. Tra le iniziative più importanti portate avanti dal Bill Gates negli ultimi mesi ci sono sicuramente gli investimenti agtech, volti allo sviluppo del settore agricolo, in particolare nell’Africa Sub-Sahariana e nel Sud Asiatico. Per raggiungere questo importante obiettivo, la fondazione avrebbe già investito circa 2 miliardi di dollari.
Dalle donazioni agli investimenti agtech
Il traguardo dichiarato della Fondazione, attraverso questi investimenti agtech, sarebbe quello di aiutare i piccoli proprietari terrieri del Terzo Mondo, cercando di incrementare la loro produttività in maniera sostenibile. Per fare questo, le risorse vengono impiegate in ricerca e sviluppo, nella creazione di nuove politiche agricole, in bestiame e in partnership strategiche. Fino a qualche tempo fa la Fondazione ha agito soprattutto attraverso concessioni, ma negli ultimi mesi la tattica è iniziata a cambiare: non più unicamente donazioni, ma anche investimenti agtech in compagnie biologiche come la AgBiome.
Trasformare il settore agricolo dei Paesi in via di sviluppo
Agfundernews ha posto alcune domande a Vipula Shukla, Programm Officer degli investimenti agtech della Fondazione di Bill Gates, per meglio comprendere i motivi che hanno spinto l’organizzazione umanitaria verso il fronte della tecnologia in agricoltura. «Siamo interessati alle tecnologie e ai potenziali prodotti che possono veramente servire la nostra missione per lo sviluppo agricolo nel Terzo Mondo» ha spiegato Shukla. «Esiste una tecnologia, un concetto, oppure un potenziale prodotto che sta per essere adattato e che potrebbe essere idoneo per i mercati che ci stanno a cuore? Ebbene, quello è il nostro obiettivo». La Fondazione punta a trasformare in modo sostenibile il settore agricolo nei Paesi più poveri dell’Asia e dell’Africa. «Abbiamo identificato delle coltivazioni-chiave in ogni Paese in cui operiamo, e per ognuno abbiamo individuato delle direttive principali». Come sottolinea Shukla, gran parte dei partner delle loro iniziative sono entità multinazionali, e per questo la loro attenzione è continua per carpire delle soluzioni per il mondo occidentale che possano essere adatte anche per i Paesi in via di sviluppo. «Se noi riusciamo a sviluppare una particolare tecnologia, vogliamo dei partner che siano in grado di portare a compimento il progetto».
L’accusa della ONG Global Justice Now
C’è però qualcuno che non vede di buon occhio l’operato della The Bill & Melinda Gates Foundation, e che non riconosce grande merito alle sue donazioni e ai suoi investimenti agtech. L’anno scorso la ONG britannica Global Justice Now ha infatti rivolto alla fondazione delle critiche piuttosto pesanti, accusandola di manipolare a proprio piacimento le priorità dell’aiuto internazionale. Quello che sembra non andare giù a tutti, infatti, sarebbe il fatto che le iniziative umanitarie di Bill e Melinda sarebbero fin troppo rivolte verso le multinazionali per essere davvero assunte come delle vere e proprie «strategie caritatevoli neutrali». Assieme ai fondi per riformare il settore agricolo e quello della salute, si insinua, ci sarebbe anche l’intento ideologico di promuovere delle politiche neoliberiste, oltre che un ulteriore aiuto verso la globalizzazione delle corporation internazionali. A queste accuse, Bill Gates aveva risposto prontamente, ricordando che, se da una parte «i governi sono nella posizione ideale per fornire la leadership e le risorse necessarie per affrontare le disuguaglianze strutturali e garantire che le giuste soluzioni raggiungano i più bisognosi», dall’altra «il settore privato ha accesso alle innovazioni– per esempio nel campo della scienza, della medicina e della tecnologia – ed è in grado di salvare molte vite umane».
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