Il Giappone e i rifiuti urbani un viaggio tra discariche e sol levanti
Forse qualcuno di voi sta per partire per il Giappone. L’estate a causa del caldo non è certo il miglior momento per visitarlo, ma di certo di cose belle da vedere ce ne sono e anche se con una temperatura antipatica… c’è solo l’imbarazzo della scelta. Agosto è il mese in cui si celebra attraverso una toccante commemorazione l’anniversario delle bomba su Hiroshima a Nagasaki, ma il Giappone volendo è anche tanto altro: metropoli che sembrano Gotham City, parchi, acquari mega galattici, templi e cibo…
Una particolarità del Giappone tende a non sfuggire a chi ci mette piede anche per una rapida toccata e fuga. L’ordine e la pulizia. Tanto da spingerci, in questo articolo ad aprire un capitolo a parte nel rapporto che c’è tra il Giappone e i rifiuti urbani.
Il Giappone e i rifiuti urbani. Dov’è il mio cestino?
La domanda non è banale e scontata. Basta dare un’occhiata a questo topic di discussione su Trip Advisor per comprendere che non è poi così scontato chiedersi dove diavolo sia un cestino per gettare i rifiuti.
(i cestini sono) Pochi e rari. Le persone non consumano cibi e bevande mentre camminano, per questo ci sono pochissimi contenitori per i rifiuti. Anche la maggior parte dei bagni pubblici non li hanno, perché non hanno asciugamani di carta. Se hai bisogno di un bidone per la spazzatura devi cercare un distributore automatico e lì potrai finalmente buttare i tuoi rifiuti.
L’assenza di bidoni di rifiuti sulle strade del Giappone è un mistero per molti turisti, e pure se ci sono tematiche decisamente più interessanti a cui star dietro piuttosto che perdere tempo a immaginare dell’epica tra Giappone e i rifiuti urbani si tratta tuttavia di una storia interessante. Proviamo qui a spiegarvela un po’.
Il Giappone e i rifiuti urbani, storia di una rapida evoluzione
Con la rapida industrializzazione del Giappone tra gli anni del dopoguerra e gli anni 80 i rifiuti hanno cominciato a diventare un grosso problema per la nazione del sol levante. Tokyo in particolare produceva così tanti rifiuti da rischiare di esaurire ben presto lo spazio nelle discariche. Ecco così nascere negli anni novanta una serie di rigide normative sullo smaltimento dei rifiuti che introducevano con parecchio anticipo argomenti oggi caldi come il riciclo e le discariche.
Quello che è nato è un fenomeno chiamato Not Littering che potremmo tradurre con il gioco di parole “Non rifiutare” e consiste nel tenere i rifiuti con se anche dentro casa, piuttosto che smaltirli in maniera casuale e in luoghi non adatti.
Non camminare e mangiare
Un’altra barriera culturale giapponese che aiuta a non generare sporcizia è la totale assenza di persone (esclusi i turisti) che mangiano mentre camminano da un capo all’altro della città. Inoltre il paese ha una sorta di amore morboso per i distributori automatici e per lo street food. In entrambi i casi le bevande o i cibi acquistati sono consumati in loco e i rifiuti derivanti sono smaltiti sul posto.
Nessuna avversione
Ma non lasciatevi ingannare pensando che il Giappone abbia un’avversione verso i rifiuti, anzi! I giapponesi sono gli imperatori del riciclo. Il Giappone ricicla circa il 77% delle sue materie plastiche, quasi il doppio della Gran Bretagna, più del 20% degli Stati Uniti.
Kamikatsu da record!
Kamikatsu, una piccola città del sud, ha una popolazione di poco più di 1.700 abitanti e mira a diventare una città “zero waste” entro il 2020.
La strada da percorrere è impervia e passa per un riciclo attento e preciso. I cittadini dividono i loro rifiuti in 40 categorie diverse e in questo modo impediscono che l’80% dei rifiuti cittadini raggiunga la discarica e possa essere in qualche modo riutilizzato.
Ovviamente, quasi superfluo dirlo, per le strade di Kamikatsu non c’è neanche un rifiuto e quasi altrettanto superfluo dire che siamo certi che entro il 2020 la cittadina avrà raggiunto il suo obbiettivo.
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