Cos’è la geoingegneria solare e perché se ne discute
In questi giorni a Nairobi si sta svolgendo la sesta sessione dell’Assemblea delle Nazioni Unite per l’Ambiente (Unea): fino al 1° marzo la capitale del Kenya ospiterà circa 5mila persone tra rappresentanti di governi, di società civili, di imprese e di associazioni, per discutere intorno alle sfide ambientali più importanti. In programma ci sono ben 19 risoluzioni, da quelle relative all’inquinamento atmosferico per arrivare ad altre misure per contrastare la desertificazione. C’è però un argomento particolare che verrà trattato: parliamo della geoingegneria solare, un insieme di tecniche altamente discusse e considerate molto pericolose. Ma cos’è la geoingegneria solare nel concreto?
Cos’è la geoingegneria solare
È possibile dire che la geoingegneria solare non è niente di nuovo; allo stesso tempo, è anche possibile dire che la geoingegneria solare “non esiste”, almeno per ora. Con questo termine ci si riferisce a quel vasto e diversificato insieme di tecniche che mirano a manipolare il clima terrestre andando ad attenuare le radiazioni del Sole. Visto questo obiettivo, ma anche visti i tantissimi rischi a cui ci esporrebbe, la geoingegneria solare è state definita anche come “The Climate Solution That’s Horrible for the Climate”, la “soluzione climatica che è terribile per il clima”. Spesso abbreviato in Srm, acronimo per Solar Radiation Modification, questo insieme di tecniche si basa di fatto sull’emissione di aerosol in grado di riflettere i raggi solari, così da ridurre le temperature nelle aree interessate andando, di fatto, a “ridurre” gli effetti dei cambiamenti climatici. È per esempio stato ipotizzato l’utilizzo di emettitori di anidride solforosa negli strati alti dell’atmosfera, per proteggere l’area sottostante.
Perché queste ipotesi vengono osteggiate
Per ora la geoingegneria solare è solo un’ipotesi, con qualche test che è stato messo in campo in modo più o meno legittimo. Di fatto, la Srm è attualmente vietata in gran parte del pianeta, per via delle tante conseguenze negative alle quali potrebbe portare. Le quali infatti sono potenzialmente tantissime. Si parla per esempio dei tanti possibili effetti collaterali che l’emissione di aerosol riflettenti potrebbero avere, sulle precipitazioni, sui modelli climatici, sugli ecosistemi sottostanti. Ma non è tutto qui: si pensi alle tensioni sociali e politiche che delle tecnologie di questo tipo potrebbero generare, sollevando problemi a livello di equità, di sovranità, sapendo che si tratterebbe di soluzioni costosissime. E ancora, investire in geoingegneria solare potrebbe dare l’illusione di poter continuare a inquinare, così da diventare completamente dipendenti da un insieme di tecnologie potenzialmente insostenibili.
Cosa ne pensa l’Onu?
Si è detto che attualmente la geoingegneria solare è vietata in gran parte del pianeta: questo in buona parte perché nel 2010 la Convenzione dell’Onu sulla diversità biologica ha di fatto vietato la tecnologia SRM in tutti i Paesi firmatari. È però noto che nelle settimane scorse proprio la direttrice esecutiva del Programma delle Nazioni Unite per l’ambiente (Unep) Inger Andersen ha sottolineato quando sia importante dare il via a una “conversazione globale sulla Srm”. Pur dichiarandosi preoccupata per gli effetti che questa tecnologia potrebbe avere, l’Unep sta continuando a studiare questa possibilità. In un regente rapporto si legge che “l’unico modo per affrontare adeguatamente le incertezze e i rischi dell’Srm è attraverso l’analisi, la ricerca, il dibattito e la discussione, stabilendo le prove in modo oggettivo attraverso test e sperimentazioni”. Ora non resta che capire in che termini verrà affrontato l’argomento a Nairobi: quel che è certo è che la Svizzera ha chiesto all’Onu di approfondire quelle che possono essere le implicazioni dell’impiego della geoingegneria solare; richiesta, peraltro, che il governo elvetico aveva già avanzato nel 2019 insieme ad altri Paesi, senza però arrivare a nessun punto. In quella occasione, si dice, a bloccare i negoziati furono Paesi come USA e Arabia Saudita, i quali avrebbero interessi in gioco proprio nelle tecnologie Srm.
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