Frutticoltura e cambiamenti climatici: quelle coltivazioni a mille metri
Mentre c’è ancora chi si diverte a dire che l‘aumento delle temperature, oltre a non essere causato dall’uomo, potrebbe essere persino un fenomeno positivo, le conseguenze iniziano a farsi sempre più palesi e concrete. È infatti impossibile non notare il rapporto evidente tra i mutamenti nella frutticoltura e cambiamenti climatici: le temperature si alzano, e per forza adattiva devono venire ripensate le distribuzioni delle colture sul territorio. E questo non riguarda ovviamente solo le coltivazioni di frutta. A farne le spese, nel settore dell’agricoltura e dell’allevamento, sono anche l’invecchiamento dei vini, la stagionatura dei salumi e l’affinamento dei formaggi.
Patrimonio agricolo tipico Made in Italy a rischio estinzione
Frutticoltura e cambiamenti climatici: solo trent’anni fa nessuno avrebbe previsto che nel 2017 si sarebbe arrivati a mutamenti così drastici. Non a caso, del resto, la Coldiretti ha dichiarato senza mezzi termini che il patrimonio agricolo tipico Made in Italy è a rischio estinzione. Parliamo di determinati vini pregiati, di ortaggi caratteristici del nostro territorio, di salumi per i quali il nostro Paese è famoso in tutto il mondo… Ma ovviamente questo non è un problema unicamente italiano. Basti pensare che nell’area dello champagne, in Francia, la preoccupazione è tale da aver spinto alcuni studiosi ad avanzare l’ipotesi di trasferire le preziose coltivazioni nel più mite territorio inglese. Cosa fare, d’altronde, di fronte ad rialzo delle temperature di 1,2 gradi negli ultimi tre decenni? Ma a spaventare gli scienziati e i produttori non sono solo le temperature, ma anche gli eventi meteo violenti e mutevoli, sia grandi che piccoli, come le tante e forti grandinate che molte volte hanno messo in ginocchio l’agricoltura del nostro Paese negli ultimi anni (si è calcolato che, per colpa dei cambiamenti climatici, il settore agricolo italiano ha già perso 14 miliardi di euro in dieci anni).
Frutticoltura e cambiamenti climatici
Il risultato più palese del legame tra frutticoltura e cambiamenti climatici è forse rappresentato dal progressivo spostamento verso nord di colture tipicamente meridionali: in Sicilia sono iniziate a spuntare coltivazioni di avocado e di banane, mentre lungo l’arco Alpino stanno dando risultati incredibili le coltivazioni di ulivi. Sono questi gli scherzi che ci riserva il rapporto tra frutticoltura e cambiamenti climatici, ma c’è ben poco da ridere: insieme agli scambi di colture si stanno muovendo anche i parassiti, non ultima la cimice asiatica, ultima pericolosa minaccia per l’agricoltura nazionale, la quale ha avuto dalla sua parte il caldo autunno del 2016 per diffondersi agevolmente.
Un Trentino sprofondato di 200 metri
Gli effetti del rapporto tra frutticoltura e cambiamenti climatici, come detto, si vedono soprattutto ai due estremi della penisola: se in Sicilia si iniziano a vedere colture tipicamente africane, in Trentino l’agricoltura di montagna sta cercando di sfuggire anno dopo anno all’aumento delle temperature, facendo l’unica cosa possibile, ovvero spostando le coltivazioni ad altitudini maggiori. Come ha spiegato Federico Bigaran del Servizio Agricoltura della Provincia Autonoma di Trento a Il Dolomiti,
«sostanzialmente i cambiamenti climatici hanno portato un innalzamento delle temperature in Trentino e una diversità del cambiamento del clima nelle stagioni. E’ come se fossimo sprofondati di 200 metri e quindi le coltivazioni si sono alzate e la parte di fondovalle ha subito sempre una maggiore precocità nelle coltivazioni».
Vigneti a oltre gli 800 metri d’altitudine
Non si parla certo di opinioni o di impressioni dei singoli coltivatori: in Trentino le misurazioni effettuate dall’ente provinciale e dalla Fondazione Edmund Mach attraverso le stazioni meteorologiche dislocate sul territorio dimostrano un rialzo di più di 1,5 gradi negli ultimi 50 anni. Nello stesso periodo di tempo è stata registrata una maggiore aridità del suolo, una minore altezza e durata del manto nevoso nonché una maggiore frequenza di grandinate. Tutto questo, ovviamente, ha avuto delle conseguenze pesanti sulle capacità degli agricoltori di mantenere inalterata la qualità dei propri prodotti. Un tempo nessun coltivatore avrebbe pensato di far arrivare la frutticoltura a 1000 metri di altitudine e la viticoltura a 800 metri, eppure è proprio questo che negli ultimi anni è successo in Trentino.
Il futuro di frutticoltura e viticoltura
Questi mutamenti dovuti al rapporto tra frutticoltura e cambiamenti climatici erano del resto già stati previsti negli ultimi anni. Due ricercatrici del Wine Business Institute della Sonoma State University, Michelle Renée Mozell e Liz Thach, hanno per esempio preventivato che entro la fine di questo secolo gli Stati Uniti potranno contare solo sul 19% della loro attuale superficie ideale per le colture di alta qualità. Gli stessi cambiamenti climatici, secondo le studiose, porteranno un po’ ovunque non solo a spostamenti geografici dei vigneti, ma anche anticipi della vendemmia quantificabili quasi ad un mese, cambi di qualità coltivata e persino abbandono totale della viticoltura in determinate aree destinate a divenire del tutto inospitali per questo tipo di coltivazione.
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