Una foresta bruciata è un bene o un male? Lo strano dibattito negli Usa
Non accenna a fermarsi l’emergenza incendi in Italia: questa estate caldissima sta infatti mettendo a dura prova i vigili del fuoco e le guardie forestali di tutta la penisola, dal Settentrione al Meridione. Per i più disparati motivi, una foresta bruciata è vista come un fatto negativo, un qualcosa da evitare a tutti i costi, e fino a qualche tempo si poteva tranquillamente affermare che chiunque la vedesse in questo medesimo modo. Adesso non più: negli Stati Uniti sta infatti crescendo un interessante e singolare dibattito intorno agli incendi boschivi, con non pochi studiosi convinti che una foresta bruciata, di per sé, non possa che essere un elemento positivo dal lato ambientale (e non solo).
La vera natura è nella foresta bruciata
Per noi, dal nostro classico punto di vista, una foresta bruciata è una foresta distrutta, con danni fatali per la flora, per la fauna, per la nostra economia, per il nostro ambiente e per il nostro paesaggio. C’è però chi non la pensa così, e che anzi professa esattamente il contrario. È il caso di Chad T. Hanson, dell’Università della California, che da anni studia e porta avanti l’opportunità di lasciare bruciare le foreste. Intervistato dal New York Times durante una passeggiata in una foreste bruciata, egli ha infatti dichiarato che «ogni giorno qui fuori è un giorno felice per me, perché è qui che c’è la vera natura». Certo, quello professato da Hanson è un concetto difficile da conciliare con le nostre convinzioni, ma è altrettanto vero che molte delle frecce del suo arco sono indubitabili e scientificamente azzeccate.
Chi spegneva gli incendi nelle foreste un tempo?
Prima di tutto, una cosa: le foreste e i boschi sono sempre stati soggetti suscettibili agli incendi. Non è facile determinare quanto bruciassero di più i boschi di una specifica area prima dell’arrivo dell’uomo, ma gli scienziati stanno cercando di calcolarlo. Si stima che negli Stati Uniti, prima dell’arrivo degli europei, bruciassero ogni anno tra gli 8 milioni e i 12 milioni di ettari di foreste. Al giorno d’oggi, sempre negli Stati Uniti, bruciano in media ‘solo’ 2 milioni di ettari di foreste. Di fatto è dagli anni Trenta che, negli Usa, i pompieri sono realmente in grado di contenere efficacemente gli incendi nei boschi, riducendo così sempre di più il numero di foreste distrutte dalle fiamme. Gli scienziati che pensano che una foresta bruciata sia un fattore del tutto naturale e quindi positivo, dunque, affermano che per far ritornare i boschi statunitensi al loro stato naturale si dovrebbero lasciare bruciare tra i 5 e i 6 milioni di ettari ogni anno – come minimo.
Il picchio dorso nero preferisce le ceneri e i tronchi carbonizzati
Diversamente da quello che possiamo pensare, poi, ci sono molti animali che preferiscono vivere in una foresta bruciata piuttosto che in una propriamente lussureggiante. Certo questo non vale per l’intera fauna, ma animali come il picchio dorso nero, uno degli uccelli più rari della California, amano vivere nei boschi anneriti dagli incendi. Proprio per questo il picchio dorso nero sta diventando il simbolo di tutto il movimento che vorrebbe lasciar divampare le foreste americane. Ma oltre al picchio esistono altre centinaia di specie sia animali che vegetali che preferiscono vivere e prosperare tra la cenere. Ci sono per esempio delle specie di coleotteri che riescono a capire se una foresta sta bruciando a chilometri di distanza, così da poter spostarsi in quella direzione per poter deporre le proprie uova negli alberi bruciati.
La vera calamità è spegnere l’incendio
Per gli scienziati e gli ambientalisti che la pensano in questo modo, la vera calamità è costituita da chi continua imperterrito a voler spegnere tutti gli incendi boschivi che si vanno a creare. Qualche anno fa, va sottolineato, il governo federale degli Stati Uniti arrivò persino ad abbracciare parte del pensiero di questi ricercatori, anche se di fatto non si è mai smesso di provare a spegnere quanto prima gli incendi boschivi.
Risparmiare vite umane
Un altro motivo per il quale si dovrebbe smettere di voler spegnere gli incendi boschivi a tutti costi è poi costituito dal fatto che sì, arginare il fuoco ha spesso un costo quanto a vite umane. Ovviamente in questo caso si può obiettare che anche il non fermare un incendio boschivo può avere un costo in termini di vite umane, laddove le fiamme arrivino a ghermire delle persone impreparate ad affrontarle. Eppure alcuni ricercatori sostengono che, tenendo conto del fatto che talvolta si arriva a più di dieci pompieri morti ogni anno (negli USA) per salvare delle foreste in fiamme, sarebbe più producente investire – invece che nei vigili del fuoco – nell’utilizzo di materiali ignifughi per la costruzione delle abitazioni vicine ai boschi. Ecco, senza dubbio questo è il punto più debole delle argomentazioni di questo movimento pro-incendio (che nulla ovviamente hanno a che fare con quei pompieri volontari che hanno appiccato incendi in Sicilia per percepire un compenso). A tutto questo va aggiunto che il cambiamento climatico, in questo scenario, rimescola in ogni modo le carte, rendendo gli incendi boschivi sempre più frequenti.
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