Fognature italiane da Medioevo: un italiano su cinque scarica direttamente in mare
Termine scaduto
Ci aspettano multe salatissime: il 31 dicembre 2015 è scaduta la proroga che l’Unione Europea aveva concesso all’Italia affinché venissero finalmente messi a norma i sistemi di depurazione delle acque. La situazione, però, non è mutata, e le evidenti lacune del nostro sistema fognario sono tuttora un problema irrisolto. Basta lasciar parlare i numeri, che vedono circa il 20% degli italiani che scaricano le fognature direttamente nei fiumi e nei mari: nel dettaglio, questo avviene per il 15% dei casi al centro-nord, per il 18-20% al centro e oltre il 30% al sud. Una situazione vergognosa, che, in termini puramente finanziari, potrebbe costare all’Italia più di 500 milioni di euro all’anno, ovviamente sotto forma di sanzioni. E se le cose non cambiano in tempi molto veloci, quei soldi che potrebbero andare a sanare il problema finiranno a pagare le multe imposte dall’UE.
#Italiasicura
A fare luce su questa vicenda è stato Mauro Grassi, direttore della struttura di missione di Palazzo Chigi #Italiasicura contro il dissesto idrogeologico e per lo sviluppo delle infrastrutture idriche. Stando alle sue parole, l’Unione Europea starebbe valutando ben 870 infrazioni nel nostro sistema fognario, oltre alle 111 già riconosciute dal governo italiano. Per queste ultime, l’Italia dovrà pagare già nel 2016: la cifra dovrebbe aggirarsi tra i 200 milioni e i 500 milioni di euro, nel caso in cui tutte quante le infrazioni portassero ad una vera e propria denuncia. Snocciolando queste cifre da capogiro Mauro Grassi ha voluto tra l’altro sottolineare che queste sanzioni «si pagano fino a che non hai messo a norma». Insomma, quello che l’Italia sta facendo (o meglio, non sta facendo) con le proprie fognature è un vero e proprio suicidio economico, oltre che ambientale.
I commissari governativi
E se da un lato, come ha dichiarato Grassi, «nel 2016 cominceremo a pagare salate sanzioni, dall’altro gli investimenti necessari a scongiurare le stesse sanzioni stentano ancora a decollare». Laddove nei paesi più virtuosi dell’Europa l’investimento nel sistema idrico è di circa 90 euro per ogni abitante, in Italia la cifra attuale è di soli 36 euro. È quindi fondamentale che le tariffe crescano, soprattutto in quelle aree del nostro Paese in cui i costi sono storicamente troppo bassi o troppo spesso evasi. Ma, come ha voluto sottolineare Grassi, «la sola crescita tariffaria non è sufficiente a risolvere le problematiche di sviluppo delle infrastrutture idriche»: le regioni italiane con il maggior numero di infrazioni, a detta del direttore, sono proprio quelle che ancora non hanno attuato la riforma della governance del settore. Ad oggi, attraverso lo ‘Sblocca Italia’, sono stati nominati dei commissari per la realizzazione delle fognature e dei depuratori in Sicilia, Calabria, Basilicata, Puglia, Campania, Lazio, Veneto e Friuli Venezia Giulia: sono questi i primi flebili segnali della volontà del miglioramento del sistema idrico italiano.
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