Paesi ricchi e poveri, rapporto suggerisce diverse date per fermare l’estrazione di combustibili fossili
Che il presidente della Cop28 Sultan Ahmed Al Jaber non fosse la persona giusta per guidare un summit internazionale sui cambiamenti climatici e sulle strategie necessarie per contenerli non è certo una novità: era già stato fatto notare da più parti che l’amministratore delegato della Abu Dhabi National Oil Company (ADNOC), con ovvi interessi nel mantenere lo status quo quanto a estrazione e utilizzo di combustibili, non potesse essere completamente dalla parte giusta del progresso di decarbonizzazione. E in effetti qualche nodo è arrivato al pettine durante i primi giorni della Cop28 di Dubai, con Al Jaber a dichiarare che “non c’è nessuna scienza, o scenario, che dica che l’abbandono graduale dei combustibili fossili permetterà di mantenere l’aumento delle temperature entro 1,5 gradi”. Parole che sono state definite “al limite del negazionismo climatico”, sapendo anche che lo stesso Al Jaber ha dichiarato che l’abbandono graduale dei combustibili fossili non permetterebbe uno sviluppo sostenibile, “a patto di non voler riportare il mondo all’età della pietra”. Per quanto dichiarazioni come queste possano essere paradossali e persino drammatiche da parte del presidente di una Cop, hanno comunque l’utilità di sottolineare un fatto abbastanza chiaro: per alcuni Paesi il phase out dei combustibili fossili, ovvero il loro abbandono graduale, non inizierà a breve. Risulta molto interessante quindi un’indagine elaborata dalla Civil Society Equity Review e resa pubblica in questi giorni, che suggerisce diverse date per fermare l’estrazione di combustibili fossili nei differenti Paesi.
Diverse date per fermare l’estrazione di combustibili fossili: il rapporto della Civil Society Equity Review
Tutti gli anni, nei giorni del summit internazionale sui cambiamenti climatici, vengono pubblicati tanti interessanti rapporti relativi allo scenario climatico attuale, alle strategie necessarie, alle previsioni per gli anni futuri, e via dicendo. È infatti del tutto normale che, mentre i “potenti” discutono le politiche da seguire nei prossimi anni, la comunità scientifica presenti i dati più aggiornati per supportare questo delicato processo decisionale. Non stupisce quindi trovare tra le pubblicazioni di questi giorni il rapporto della Civil Society Equity Review, intitolato ‘Equitable Phaseout of Fossil Fuel Extraction: Towards a reference framework for a fair and rapid global phaseout’. Qui per l’appunto viene proposta la possibilità – con relativi scenari – di impostare diverse date per fermare l’estrazione di combustibili fossili, nella consapevolezza che in alcuni Paesi questo processo potrebbe essere particolarmente difficile da affrontare a breve. L’obiettivo va detto è sempre quello di contenere l’aumento medio della temperatura globale entro 1,5 gradi centigradi.
Phase out dei combustibili fossili entro il 2031 per i Paesi ricchi
Molte economie occidentali hanno una dipendenza ridotta dall’estrazione di combustibili fossili. I ricercatori della Civil Society Equity Review citano per esempio Stati Uniti, Regno Unito, Australia, Germania e Canada. Secondo le loro stime, per restare entro gli 1,5 gradi di surriscaldamento, l’eliminazione graduale dell’estrazione di combustibili fossili per questi Paesi dovrebbe iniziare assolutamente entro il 2031, non dopo.
Garantendo un approccio equo all’eliminazione dell’estrazione di carbone, petrolio e gas, i Paesi più poveri potrebbero invece posticipare questo momento fino al 2050; in questo modo potrebbero continuare a sfruttare i ricavi e l’occupazione garantita dai combustibili. Va detto che in ogni caso si tratta di scadenze più vicine rispetto a quelle ipotizzate dai governi stessi. I ricercatori hanno sottolineato inoltre che molti Paesi, per poter raggiungere questi obiettivi, avranno comunque bisogno di un sostegno internazionale, senza il quale l’eliminazione dei combustibili sarà impossibile.
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