Qual è la correlazione tra cambiamento climatico ed eventi meteorologici estremi?
Dopo un’estate durante la quale il mondo ha vissuto un’ampia gamma di eventi meteorologici estremi tra alluvioni, ondate di calore, incendi e uragani, domandarsi quale sia l’effettivo rapporto tra questi eventi e il cambiamento climatico è più che naturale. Va sottolineato che per molti anni il fatto che esistesse un reale legame tra questi due fenomeni è rimasto fermo al mero piano ipotetico, in quanto gli scienziati non avevano ancora trovato un metodo efficace per capire quali fossero realmente le conseguenze delle attività antropiche sull’accentuata variabilità climatica. Ci si è però presto resi conto che, per proteggere le popolazioni a rischio – soprattutto quelle poste lungo le coste o nelle aree equatoriali e tropicali – ma anche per aiutare il settore agricolo e quindi produttivo, fosse ormai indispensabile capire quanto il cambiamento climatico influisce realmente sugli eventi meteorologici estremi che stanno colpendo il nostro Pianeta negli ultimi anni.
Qual è il link tra cambiamento climatico e gli eventi meteorologici estremi?
Alcune importanti risposte arrivano dallo studio coordinato da Noah Diffenbaugh, del Department of Earth System Science della Stanford University, ovvero ‘Quantifying the influence of global warming on unprecedented extreme climate events‘. Come ha voluto sottolineare lo scienziato, «arrivare ad una risposta definitiva è di estrema importanza, per il settore agricolo, per le assicurazioni, per le catene di produzione e per la pianificazione delle infrastrutture». Per questo motivo negli ultimi anni, insieme all’aumento degli eventi meteorologici estremi, sono cresciuti in numero ed in importanza anche gli studi tesi a capire quanto il climate change avesse a che fare con fenomeni anomali e potenzialmente catastrofici.
Un approccio prudenziale
Per evitare che lo studio potesse essere accusato dalle lobby del petrolio di voler enfatizzare gli effetti del cambiamento climatico e quindi delle azioni umane sugli eventi meteorologici estremi, il team di Diffenbaugh è partito dall’ipotesi che tra i due fenomeni non esistesse nessun tipo di legame, verificando di conseguenza la validità di questa tesi di partenza. Come insegna la giurisprudenza, dunque, in questo studio scientifico si è partiti dalla presunzione di innocenza del cambiamento climatico, applicando questo modello ad ognuno dei peggiori eventi meteorologici estremi che negli ultimi anni hanno colpito il nostro pianeta. Per quanto riguarda le ondate di calore, i ricercatori sono così arrivati a dichiarare che il cambiamento climatico e quindi l’aumento delle temperature dovuto alle emissioni di gas serra aumentano concretamente le probabilità del verificarsi di eventi particolarmente caldi in circa l’80% della superficie del pianeta. Insomma, per ora non tutte le ondate di calore sono riconducibili al cambiamento climatico, ma ci siamo vicini, e questa percentuale è destinata ad aumentare nei prossimi anni.
Le ondate di calore e la siccità
Le ondate di calore e l’aumento delle temperature sono del resto i fenomeni maggiormente riscontrabili ed immediati del cambiamento climatico in corso. Più aumentano le ondate di calore, però, più aumenta la mortalità, e più diminuisce la produzione agricola. Uno studio della World Weather Attribution dimostra che l’onda di calore che ha colpito l’Europa occidentale durante lo scorso giugno avrebbe avuto una probabilità minore di 10 volte di verificarsi in un mondo estraneo alle emissioni di gas serra di origine antropica. Altri studi, inoltre, hanno trovato un link tra cambiamento climatico e siccità sia nel Middle East statunitense che nell’Europa mediterranea. Parallelamente, poi, è stato provato che gli incendi boschivi si sono fatti via via più frequenti negli Stati Uniti occidentali e in Alaska a partire dagli anni Ottanta.
Le alluvioni
È meno immediato, invece, definire quanto il cambiamento climatico influisce sulle piogge alluvionali. Lo studio di Diffenbaugh dimostra come le attività umane hanno aumentato la loro probabilità di circa la metà in tutte le aree analizzate. Del resto è la stessa logica a suggerirlo: l’aria calda riesce a trattenere più vapore acqueo, il che porta ovviamente a rovesci più pesanti ed importanti. Stando ad un report redatto da 13 agenzie governative statunitensi – che deve ancora ricevere l’approvazione per la pubblicazione dall’amministrazione Trump ma del quale in ogni caso abbiamo già parlato qui – a partire dall’inizio di questo secolo le precipitazioni intense negli Stati Uniti hanno conosciuto un progressivo aumento per quanto riguarda intensità e frequenza, soprattutto a Est, e perlopiù in autunno.
E gli uragani?
Di certo non si poteva non prendere in considerazione l’aumento degli uragani: gli scienziati danno ormai per scontato che il cambiamento climatico porterà uragani e temporali sempre più forti, anche se va sottolineato che non è semplice dimostrare la relazione tra i due fenomeni. Come spiega Adam Sobel della Columbia University, infatti, «tutti quanti sanno oramai cosa dobbiamo aspettarci nel futuro, ma c’è invece meno accordo nell’interpretare i dati attuali». Come ha infatti commentato Diffenbaugh, gli uragani restano pur sempre degli eventi rari e difficili da studiare: per questo è difficile determinare l’influenza del cambiamento climatico. Ma non vuol dire che questo link non esista. Come ha spiegato Sobel, «è come provare a sentire ciò che dice qualcuno sottovoce in una stanza rumorosa. Non vuol dire che lui non sta parlando, significa solo che tu non riesci a sentirlo».
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