Energia da rifiuti: l’Africa avrà il suo primo impianto
L’Etiopia è il primo paese africano ad ospitare un impianto per il trattamento dei rifiuti. Quando si parla di energia da rifiuti la parola che viene subito in mente è: termovalorizzatore. Un termine che nell’immaginario collettivo risulta poco piacevole, associato spesso ad inquinamento e danni alla salute. Ma in una città come Addis Abeba, tristemente nota per Koshe, una mega discarica a cielo aperto estesa su una superficie grande quanto 36 campi di calcio, parlare di termovalorizzatore non è poi così sbagliato. Soprattutto se a realizzare l’impianto che genererà energia da rifiuti è un partenariato internazionale costituito apposta per “debellare” dalle grandi capitale africane il problema dei rifiuti.
Reppie: energia da rifiuti per gli abitanti di Addis Abeba
Il sito di Koshe, che in amarico (la lingua principale d’Etiopia) significa sporcizia, da più di quaranta anni ospita i rifiuti della capitale. Ogni giorno circa cinquecento persone rovistano tra montagne di rifiuti in cerca di qualcosa da rivendere, principalmente ferro e plastica, per procurarsi cibo e vestito. Una situazione insostenibile sia da un punto di visto igienico ambientale e soprattutto umano. Nei primi mesi del 2017 un crollo di una montagna di rifiuti ha ucciso 114 persone, tra cui molti bambini. Dopo questo tragico evento, l’amministrazione locale ha deciso di dare un taglio con il passato e trasformare una discarica in un’opportunità di crescita per il paese e per tutto il continente. Da questo presupposto nasce Reppie, il primo termovalorizzatore africano. Addis Abeba sta vivendo una situazione di espansione demografica senza precedenti; nelle grandi città dove la terra scarseggia un impianto che genera energia da rifiuti potrebbe essere la soluzione ideale per diversi motivi: consente di risparmiare spazio prezioso, genera elettricità, impedisce il rilascio di sostanze tossiche nelle acque sotterranee, e riduce il rilascio di metano (gas a effetto serra che generano le discariche) in atmosfera. “Il progetto Reppie – commenta Zorobabele Getachew, vice rappresentante permanente dell’Etiopia presso le Nazioni Unite a Nairobi – è solo una componente della più ampia strategia che l’Etiopia ha messo in atto per affrontare l’inquinamento ed introdurre le energie rinnovabili nei diversi settori dell’economia. Ci auguriamo che Reppie servirà da modello per altri paesi della regione, e in tutto il mondo”.
Come funziona un termovalorizzatore? Quali ricadute sull’ambiente?
Perché quando si parla di termovalorizzatore si teme per la salute umana? Come funziona esattamente un impianto che genera energia dai rifiuti? Con un processo molto semplice: nella camera di combustione i rifiuti, grazie al loro potere calorifero, vengono bruciati. Il calore di questo processo viene utilizzato per far bollire l’acqua presente nella camera di combustione, generando vapore; questo vapore viene condotto ad una turbina in grado di trasformare l’energia termica in energia elettrica. Reppie sarà in grado di soddisfare il 30% del fabbisogno elettrico della popolazione abissina rispettando le severe norme europee sulle emissioni in atmosfera. L’impianto è infatti dotato delle best-practice tecnologiche per il trattamento dei fumi, riducendo drasticamente le emissioni di diossine e metalli pesanti prodotti dal processo di combustione.
In Europa sono molte le città che adottano l’incenerimento per produrre energia da rifiuti. La Francia conta ben 126 impianti, la Germania ne ha 121, l’Italia ne ha 40. Molti inceneritori sono perfettamente integrati nel contesto urbano, come ad esempio l’impianto Spittelau a Vienna, ridisegnato esternamente dall’architetto ed ecologista Friedensreich Hundertwasser dopo un incendio che lo aveva colpito nel 1987. Questo impianto è diventato uno dei simboli della città, una meta turistica, a dimostrazione che un’opera controversa come un termovalorizzazione può, nelle giuste condizioni, apportare benefici ambientali alle città che li ospitano.
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